Cinema

Viaggio in acque limpide per il ritorno de “La Sirenetta”?

Il regista Rob Marshall in una foto del 2011 (fotografia di Angela George).
Fonte: Sharon Graphics/Flickr (CC BY-NC-ND 2.0)

Un ritorno in grande stile per La Sirenetta, a distanza di ventiquattro anni dal capolavoro d’animazione firmato nel 1989 dalla Disney. Da qualche settimana è nelle sale italiane il riadattamento live-action del film tratto dall’omonimo romanzo di Hans Christian Andersen con il regista Rob Marshall (Chicago, Memorie di una geisha e il più recente sequel della storia di Mary Poppins con Mary Poppins Returns) alla guida del remake che ha inaugurato la stagione cinematografica estiva.

Un’apertura che è stata però accolta da un mulinello di opinioni contrastanti sia tra i critici quanto tra gli spettatori. In questo clima alquanto polarizzato, ho voluto visionare in prima persona questo nuovo lavoro, cercando di barcamenarmi nel maremoto scatenatosi attorno al film.
È tempo quindi di recarsi in sala per tuffarsi in un’avventura…
in fondo al mar!


La trama

“La Sirenetta”, di Rob Marshall (USA, 2023)
Fonte: Disney Italia/Facebook

Ambientata nel regno sottomarino di Atlantica, la pellicola narra le vicende di Ariel (Halle Bailey), una giovane sirena dalle incredibili doti canore.
La protagonista, figlia ribelle di Re Tritone (Javier Bardem), ignora gli avvertimenti del padre (che ha severamente vietato qualsiasi interazione con il mondo terrestre) e si avventura in superficie insieme
al granchio Sebastian e al pesce Flounder (doppiati in originale rispettivamente da Daveed Diggs e Jacob Tremblay).

Una volta giunta sulla terraferma, stringe una relazione con il principe Eric (Jonah Hauer-King) il cui esito è inaspettato: nel momento in cui l’amore nei confronti del ragazzo supera l’attaccamento alla famiglia, infatti, Ariel sceglie di rinunciare alla propria coda in favore di una vita terrestre facendo un patto con la malvagia strega Ursula (Melissa McCarthy), che brama il controllo sui Sette Mari.
Quando le vere intenzioni di quest’ultima vengono rivelate, spetterà alla stessa Ariel il compito di rimediare all’errore e proteggere i suoi affetti.


I punti di forza: la storia e l’energia “da musical

Come avvenuto in maniera ricorrente nelle precedenti rivisitazioni live-action della Disney, la pellicola segue con precisione quasi letterale lo schema narrativo del classico d’animazione, pur concedendosi alcune libertà creative per sopperire alle poche lacune presenti e dare spazio a tematiche di grande attualità come l’inquinamento ambientale e l’emancipazione dei giovani.

Il perno su cui ruota l’intera pellicola è rappresentato però dalla Ariel di Halle Bailey che, proprio come la controparte animata, è una figura sfaccettata i cui dilemmi interiori vengono condivisi dallo spettatore.
La scelta di inserirla nel cast per questo ruolo ha rappresentato un compito non semplice per l’attrice afroamericana, chiamata ad impersonare la principessa dei mari senza compromettere il fascino con cui il personaggio aveva incollato allo schermo vecchie e nuove generazioni.
Eppure, nonostante tutto, la Bailey è riuscita a calarsi nel ruolo senza particolari sforzi, dimostrando peraltro grandi doti di recitazione.
Apprezzata anche la dinamica romantica tra Ariel e l’amato Eric, che grazie alla performance scenica di Jonah Hauer-King si rivela un azzeccato co-protagonista, con una maggiore introspezione sul piano psicologico dei personaggi in grado di rinnovare e offrire maggiore “appeal” rispetto al passato.

In acque più torbide nuota invece il padre di Ariel, il Re Tritone: il sovrano di Atlantica è infatti una mera riproposizione della versione animata, un “copia e incolla” reso passabile esclusivamente per l’interpretazione del premio Oscar Javier Bardem.
Promossa “a pieni voti” invece l’antagonista del film, Ursula, che grazie a Melissa McCarthy si erge tra i “cattivi” più amati nella cinematografia Disney grazie al suo impatto scenico denso d’oscurità (elemento rimarcato superbamente dalla stessa attrice). 

Ben curati gli effetti visivi e la colonna sonora, con quest’ultima che si fa apprezzare nella sua ricchezza e varietà, spaziando tra le canzoni originali del film animato composte da Alan Menken e le novità portate dalle tre nuove canzoni scritte a quattro mani da Menken e da Lin-Manuel Miranda.
Una collaborazione a mio parere assolutamente vincente che potrebbe spianare la strada per eventuali riconoscimenti alle musiche del film (chissà che per la critica internazionale non possa scaturire un endorsement per i prossimi Academy Awards).


Il doppiaggio italiano “in balia delle onde”

Una breve parentesi è doverosa per parlare all’adattamento in lingua italiana della pellicola che ha lasciato opinioni alquanto altalenanti: sebbene abbia apprezzato molto la scelta di affidare il ruolo della protagonista a due voci distinte (Sara Labidi per i dialoghi e Yana C. per le canzoni), sono rimasto ancora più sorpreso dal ritorno – seppur a livello vocale – di Simona Patitucci, la voce originale di Ariel nel classico del 1989. In questo caso, la doppiatrice torna nell’universo della Sirenetta nel ruolo dell’antagonista Ursula, alla quale conferisce l’adeguato carisma.

Decisamente meno soddisfacente la prova attoriale di Mahmood nei panni di Sebastian: malgrado le tonalità del cantante appaiano perfette per le parti canore del film, la sua voce risulta infatti priva di empatia nel ricalcare lo spessore emotivo del personaggio, con un risultato finale da definirsi straniante se non addirittura caricaturale in vari punti, che non regge il confronto con la performance di Ronny Grant nel film animato.


Le mie considerazioni finali

Pur trattandosi di un’opera concepita per fini commerciali, il remake de La Sirenetta riesce comunque a centrare l’obiettivo di raccontare la storia di Ariel a una nuova platea di spettatori, conciliando la fedeltà rispetto all’originale film d’animazione con gli stilemi della cinematografia contemporanea.
Al netto di una durata maggiore rispetto al classico (circa due ore e un quarto), la pellicola regala una storia godibile, connotata da una componente tecnica efficace e capace di conciliare le normali aspettative del pubblico più giovane con le pretese degli appassionati di “vecchia data”.

Non lasciatevi distrarre dal chiasso provocato dai bambini durante la visione (con buona pace di chi scrive, si parla pur sempre di “una pellicola per famiglie”) e preparatevi a uno scrosciante applauso al termine dello spettacolo.

Fonte: peridotmaize/Pixabay

Cinque motivi per considerarlo…Promosso

– La pellicola rimane fedele all’opera originale approfondendone, al contempo, alcuni elementi

– Ariel è una protagonista ben caratterizzata, merito della performance di Halle Bailey

– Viene concesso maggiore spazio agli archi narrativi dei comprimari


– La combinazione tra comparto tecnico e la rinnovata colonna sonora rende omaggio al cartone


– Al netto di qualche scivolone, il doppiaggio italiano risulta nel complesso gradevole

Informazioni sull'autore

Nato a Roma nel 2005, è uno studente che frequenta il liceo classico tradizionale.
Noto tra gli amici semplicemente come “Ruggo”, all’età di sedici anni viene attirato dalla realtà del giornalismo e inizia a pubblicare articoli che interessano il settore dell’intrattenimento.

La sua passione per la recitazione e il doppiaggio lo spinge a iscriversi per un provino all’Accademia del Doppiaggio, dove viene selezionato tra i candidati più idonei alla partecipazione di un corso pluriennale.
Il suo sogno nel cassetto? Diventare un doppiatore professionista.

Avido lettore dei fumetti della Marvel e accanito divoratore di serie televisive, nutre un grande amore per il cinema e verso la Settima Arte non esistono confini di alcun tipo: si va dal cinema d’autore e quello indipendente fino ai prodotti più mainstream.

Tra le altre sue passioni, inoltre, adora i videogiochi e il potersi cimentare nei giochi da tavolo e in quelli di ruolo, oltre all’astronomia e – da ultima – la passione per la buona tavola.
Quest’ultima è stata alimentata nel corso degli anni grazie all’approccio alle culture culinarie di diversi paesi (dalla Spagna alla Grecia, passando per la cucina asiatica e quella dell’America Latina, senza dimenticare le prelibatezze regionali del nostro Paese).

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