Cinema, Musica

IRISH FILM FESTA 2022 – L’apertura estiva con “Breaking Out”

Cosa è l’IRISH FILM FESTA? – Un breve identikit

È cominciata ufficialmente da ieri l’edizione estiva dell’IRISH FILM FESTA 2022, rassegna culturale che dal 2007 promuove la cinematografia all-Ireland” (Éire ed Irlanda del Nord) a Roma e per l’intero territorio nazionale.
Un progetto di lunga data e dalla storia ancor più ricca, nato dalla mente di Susanna Pellis, direttrice artistica dell’IRISH FILM FESTA, che da oltre quindici anni viene sostenuto e patrocinato dall’Ambasciata d’Irlanda
e dai maggiori enti istituzionali in Irlanda ed Irlanda del Nord.

Un evento che ha visto il fortissimo legame del pubblico romano, tra appassionati cinefili e spettatori incuriositi, con i numerosi registi, attori e personalità provenienti dall’Isola di Smeraldo che negli anni hanno partecipato e seguito con passione l’evento in Italia.


Un’estate con il “Nuovo Cinema Irlandese”

L’edizione estiva rappresenta la conclusione del programma “ibrido” di quest’anno per la FESTA (la prima parte, organizzata nel Maggio scorso sia in formato virtuale che in presenza, era dedicata al concorso per i migliori cortometraggi provenienti dall’Éire e dall’Irlanda del Nord), con una programmazione di cinque giorni (20-24 luglio) incentrata sui lungometraggi che rappresentano, secondo gli organizzatori, degli esempi concreti del cosiddetto “Nuovo Cinema Irlandese”.

La prima serata della rassegna si è tenuta all’aperto: alla Casa del Cinema in Villa Borghese a Roma, palcoscenico delle varie edizioni della FESTA, si è infatti aggiunta la limitrofa Arena all’aperto intitolata al cineasta Ettore Scola.
Un’iniziativa che viene quindi confermata dopo essere già stata portata avanti lo scorso anno, quando voleva essere una prova provata della ripresa delle attività dopo la “breve pausa” legata alle restrizioni per la pandemia (che hanno portato la Pellis e la sua squadra a “ripensare” il programma della FESTA, con la promozione di formule temporanee – ma molto apprezzate – anche nell’ambito digitale).

Ad introdurre l’edizione estiva della FESTA, assieme alla direttrice artistica Susanna Pellis, era presente l’Ambasciatrice della Repubblica d’Irlanda S.E. Patricia O’Brien che nel prendere la parola, ha voluto ringraziare il pubblico presente alla serata inaugurale.
“Sono molto felice di poter essere qui questa sera per aprire la rassegna di Luglio dell’IRISH FILM FESTA, è il primo anno in cui ho l’opportunità di partecipare e sono sicura che sarà un grande successo”, ha dichiarato la O’Brien che ha poi rimarcato l’importanza dell’IRISH FILM FESTA, diventata oramai una manifestazione consolidata nel panorama italiano e internazionale nella promozione del cinema e della cultura irlandese, nonostante le avversità della pandemia (“Il fatto che questo evento sia diventato un importante punto di riferimento sia per la comunità irlandese di Roma che per la più ampia comunità di amanti del cinema di Roma è la testimonianza del duro lavoro degli organizzatori, che nel corso degli ultimi due anni sono riusciti ad andare avanti con tenacia e impegno, adattandosi anche nel settore virtuale nella proiezione dei film online.”).

“L’evento di questa settimana è molto più di un semplice festival del cinema ha quindi concluso l’ambasciatrice O’Brien – è una celebrazione della cinematografia irlandese di qualità, dell’amore genuino e sincero degli italiani verso il cinema irlandese e, in modo più ampio, dell’amicizia tra l’Irlanda e l’Italia e tra i nostri due popoli.”

Il palco dell’Arena Ettore Scola per l’IRISH FILM FESTA 2022. Presenti sul palco, da destra verso sinistra, la direttrice artistica Susanna Pellis, Claudia Colin, l’Ambasciatrice della Repubblica d’Irlanda S.E. Patricia O’Brien e il regista Michael McCormack

L’intervento di Susanna Pellis ha invece riguardato la prima delle cinque pellicole in programma per la rassegna.
Nell’introdurla al pubblico presente, la direttrice artistica della FESTA ha voluto sottolineare l’impatto emotivo che ha scaturito in lei in occasione della sua proiezione al
Galway Film Fleadh (uno dei più importanti festival nel circuito cinematografico irlandese, con una sempre più crescente e rafforzata proiezione verso il mercato internazionale): ”Questo film l’ho visto la prima volta al festival di Galway del 2019 – quando ancora eravamo vivi – e mi ha emozionato tantissimo e ben volentieri mi sono riunita alla standing ovation con cui il pubblico di Galway l’ha salutato.
Da qui la scelta di presentarlo all’IRISH FILM FESTA, una scelta non priva di rischi per il soggetto della pellicola (
“Mi chiedevo: <<Chi verrà a vedere un film su un cantautore che non si conosce in Italia?>>), salvo poi scoprire che l’artista era poco conosciuto anche nella sua terra natia, uno stimolo in più “per correre il rischio di presentare un documentario molto profondo dedicato alla musica, ma anche temi “decisamente” più importanti: Breaking Out del regista Michael McCormack.


La musica che supera la morte – La vita “fuori dall’ordinario” di Fergus O’Farrell in Breaking Out

Breaking Out di Michael McCormack (Éire,2020) Fonte immagine : Element Pictures / Facebook

Si arriva così alla proiezione dell’opera diretta dal regista irlandese Michael McCormack (presente all’Arena Ettore Scola assieme al compositore Maurice Seezer), un’opera dal profondo significato personale e affettivo per il regista, nell’omaggio da questi dedicato ad un’artista che è stato anche un suo amico.
Breaking Out (2020) è un documentario dedicato alla vita di Fergus O’Farrell, cantautore e leader del gruppo Interference, venuto a mancare nel 2016 – a soli 48 anni – per gli effetti della distrofia muscolare di Emery-Dreifuss, una malattia degenerativa per la quale al momento non esiste ancora una cura.

Artista poco conosciuto nel territorio nazionale irlandese, come indicato anche da Susanna Pellis nella presentazione dell’opera, e che soltanto da postumo è stato riapprezzato, la sua storia e la sua musica diventano una scoperta decisamente sorprendente per il pubblico italiano presente e, senza problemi alcuni nel dirlo, anche per chi scrive.
Come si direbbe in questi casi
, nemo propheta in patria.

Una scoperta, quella di O’Farrell, che va ben oltre la sola prospettiva musicale, su cui si può anche chiaramente approfondire attorno all’artista, al gruppo da lui fondato negli anni ’80 e alla loro musica (due album tra gli anni ‘90 e il decennio scorso): è stato infatti il lato umano del cantautore di West Cork a catturare l’attenzione degli spettatori attraverso la storia di un uomo in grado di affrontare l’iniziale trauma di una diagnosi terribile ricevuta in giovane età, riuscendo nel contempo a vivere una vita ben oltre le aspettative dei medici (la distrofia di cui ha sofferto non aggredisce immediatamente i muscoli) e nel complesso degna di essere vissuta dedicandosi all’unica grande passione che ardeva nel suo animo: la musica.
Una storia sapientemente riallacciata e intessuta dal regista McCormack in oltre quindici anni di lavoro e materiale girato (no, non è un errore di battitura).

Il giovane Fergus O’Farrell
Fonte immagine : Breaking Out / Facebook

È quindi l’unione tra la musica e il lato più intimo, profondo e anche “senza veli” di Fergus O’Farrell a guidare gli spettatori negli ottantaquattro minuti di durata del documentario che, nel riprendere i momenti salienti della reunion dei membri storici del gruppo per l’incisione del secondo album degli Interference (uscito un anno dopo la morte del cantautore), ripercorre la sua vita attraverso i momenti quotidiani dell’artista, catturati da McCormack, ma anche le parole dei familiari, degli amici più cari e dei componenti storici del gruppo.
Tra questi spicca quello con il chitarrista Glen Hansard, che più degli altri fu legato da profonda amicizia nei confronti O’Farrell: fu quest’ultimo infatti a scrivere il brano
Gold che fornì a Hansard per la colonna sonora del film di John Carney Once (2007), pellicola con cui il chitarrista vinse anche il Premio Oscar per la miglior canzone (nella colonna sonora scrisse e compose il brano Falling Slowly con Markéta Irglová) e grazie alla quale O’Farrell vide una propria canzone raggiungere importantissimi riconoscimenti nel mondo dello spettacolo in Irlanda e negli Stati Uniti d’America oltre ai proventi economici correlati.

La musica, come detto,
è il richiamo dell’anima del gruppo Interference e lo strumento per far risuonare la voce di Fergus O’Farrell. La musica che è elemento di rilievo nella ruggente Dublino tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ’90 (alle porte degli anni della Tigre Celtica), nel pieno di un’esplosione creativa trascinata dal fenomeno U2.
È in questo contesto generale, combinato a una situazione collettiva in cui si cercò di riprodurre “in piccolo” le potenzialità della Factory di Andy Wahrol, che O’Farrell e la sua band cercarono di farsi avanti nel mondo discografico, sfortunatamente con scarsi successi.
Nel dramma, non è mancata una vena autoironica nel protagonista del documentario, nel concedersi al regista anche nel suo lato più personale e fragile, affiancato e sostenuto nella malattia dalla moglie cinese Meng Li O’Farrell (“la seconda protagonista” del documentario, a dire di molti presenti tra il pubblico), e alcuni colpi di genio del regista sia nello “sdrammatizzare” una vicenda alquanto complessa (molto divertente la ricostruzione animata della storia d’amore tra Fergus e Meng Li) che nel coinvolgere figure magistrali del cinema come l’attore Jeremy Irons.

Il risultato finale, accolto anche dal pubblico dell’arena Ettore Scola con lunghi e scroscianti applausi, è un lavoro molto intenso e coinvolgente che fa scoprire un’artista musicale per troppo tempo – forse anche in modo ingiusto – lasciato nelle retrovie del panorama musicale del proprio paese e dal destino ingrato, ma che esalta soprattutto la forza d’animo e il carattere di chi non si è dato per vinto a fronte di una brevissima aspettativa di vita e ha dato un senso a tutto il tempo trascorso in questo mondo.
La forza di una vita che, votata alla musica, l’ha celebrata intensamente fino alla fine, nonostante l’avversità.
Emblematicamente, è stato proprio il caso di Fergus O’Farrell, spentosi improvvisamente appena due settimane dopo la fine delle riprese del documentario.


Michael McCormack a ReAct360 – La gioia e il dolore per Fergus O’Farrell durante il montaggio di Breaking Out

Nel breve dibattito organizzato dall’IRISH FILM FESTA dopo la proiezione del film, il regista del documentario Michael McCormack si è dimostrato molto disponibile per il pubblico presente all’Arena Ettore Scola nel raccontare e approfondire la storia legata alla lavorazione del film Breaking Out in compagnia del compositore Maurice Seezer (legato anch’egli a Fergus O’Farrell).
Ai microfoni di ReAct360, ha inoltre avuto modo di rispondere anche a una nostra domanda legata alla realizzazione del documentario:
“Quali sono stati il momento più bello e quello più duro da affrontare durante la realizzazione di Breaking Out?”

Credo che il momento migliore, o meglio, uno dei momenti più belli per me sia stato quando ho visto Meng Li, la moglie di Fergus, che prendeva vita davanti alla telecamera”, ha dichiarato il regista irlandese, evidenziando come nei primi tempi sia stato molto difficile poter entrare in confidenza con la donna (importante anche la barriera culturale e linguistica al tempo) e poter raccogliere la sua testimonianza sul marito.
Ma una volta ottenuta la sua fiducia, “
lei è letteralmente tornata alla vita. Nel momento esatto in cui ho visto l’effetto che la telecamera aveva su di lei, capii che avrebbe avuto un ruolo pari a quello di Fergus nella storia. Lei mi ha permesso di dare nuova vita alla loro storia e per questo le sarò eternamente grato.

Un altro ricordo al quale il regista è molto legato è quello del concerto di Fergus O’Farrell alla Radio City Music Hall di New York, uno dei “templi sacri” della musica mondiale (“Per anni Fergus ha sperato di potersi esibire in concerto davanti ad una platea internazionale e ha cercato di aggrapparsi a ogni singolo attimo per mostrare al pubblico, come fece, di cosa avrebbe potuto essere capace se ne avesse avuta l’occasione.”).

Infine, il momento più duro e più difficile da sopportare per il regista è stato quello in cui l’amico cantautore, durante le riprese, gli raccontò come la malattia stesse prendendo il sopravvento su di lui. “Fergus cercava sempre di trovare il modo di non farsi sopraffare dalla distrofia muscolare”, ricorda McCormack, “anche quando aveva perso l’abilità di stare in piedi davanti al microfono, di suonare la chitarra e – da ultimo – il pianoforte. Lui li chiamava “piccoli lutti”, ma ciononostante trovava sempre il modo di vedere le cose in positivo.
Il dover ammettere che stesse perdendo quella battaglia”, conclude, “è stata una cosa devastante per lui.
È stato proprio in quel momento
che io ho capito quanto fosse stato eroico nell’affrontare la malattia per tutta la sua vita e per questo rimasi ferito nell’animo all’idea di vederlo mentre perdeva quella forza.

Il regista Michael McCormack e il compositore Maurice Seezer

Informazioni sull'autore

Nato a Roma nel 1992, è uno studente laureando nel corso di Laurea Magistrale in Relazioni Internazionali presso l'Università "La Sapienza" di Roma.

Le passioni per la scrittura e per il mondo del giornalismo lo seguono da quando era ragazzo, confluendo in vari progetti nei quali ha accumulato esperienze e conoscenze: dagli anni dei giornali liceali fino all'inizio degli studi universitari, con il coinvolgimento attivo in una web-radio amatoriale in cui in due anni provvede a creare palinsesti, programmi e contenuti radiofonici dedicati alla musica, ma soprattutto alla promozione della musica emergente nella scena underground romana.

Dopo la laurea triennale in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali conseguita nel 2015, nel 2017 torna a scrivere in un progetto editoriale nazionale che lo vede ancora oggi coinvolto. Infine, dopo un'ulteriore esperienza triennale in un progetto associativo nel quale ha avuto modo di organizzare da remoto numerosi eventi e conferenze dedicate all'approfondimento del mondo della geopolitica, contribuisce alla fondazione del progetto portato avanti da ReAct360.

Travolto da mille passioni e interessi, cerca ogni giorno di mantenere fede alla ricerca e al lavoro costante verso la conoscenza in tutto quello che lo circonda, non accontentandosi di una sola faccia della medaglia e dedicandosi a osservare il quotidiano con senso critico, in modo da poter formare una propria opinione.

Amante dell'Irlanda, della buona musica e della Storia, trova maggiore ispirazione nella scrittura durante le ore notturne, con un album musicale di sottofondo.

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