Cultura, Moda

Le tecnologie immersive nell’Arte Museale e nella Moda

Lo sviluppo delle tecnologie immersive, come la Realtà Aumentata, Virtuale e Mista, ha ricevuto un notevole incremento durante il periodo pandemico: in breve tempo, infatti, questo tipo di strumenti ha affiancato con maggiore capillarità la vita privata e lavorativa di consumatori ed imprese, trovando terreno fertile in un periodo di forte crisi globale.
Secondo recenti ricerche di mercato
, il mercato della sola Realtà Virtuale ha aumentato la propria rendita tra privati e aziende di circa cinque milioni di dollari tra il 2020 ed il 2021 (da 4,48 a 9,11 milioni) e si prevede possa aumentare di 5 volte il valore iniziale entro il 2025 (22,37 milioni di dollari).

Tra i maggiori promotori di queste tecnologie attualmente troviamo compagnie come Amazon, Intel, Microsoft, Facebook, Sony, Samsung, Apple e Google. Le industrie dell’intrattenimento (incluse quelle nel mercato del porno online1) sono le prime ad aver deciso di investire con convinzione nelle pratiche immersive, ma attualmente anche altri settori hanno voluto innalzare il loro business garantendo un’esperienza utente più profonda e coinvolgente.

Nell’ambito culturale, in particolare, un forte impatto lo hanno ricevuto l’Arte Museale e il Fashion Business.

Il Museo del Metaverso è un progetto nato in Second Life per l’arricchimento del patrimonio artistico creato nei mondi virtuali. È stato fondato nel settembre 2007 da Rosanna Galvani. Nell’anno 2010 il museo si è trasferito in OpenSim nella Grid Craft. Dal mese di Ottobre 2014, il Museo del Metaverso si trova in due isole/simulatori della Grid Craft. L’isola MdM ospita la collezione permanente del museo e diverse mostre temporanee. Il simulatore Uqbar è stata progettata per essere una zona ricreativa e accogliente per i visitatori del museo., ma si è arricchita di contenuti culturali e artistici , grazie alla collaborazione con László Ördögh Diabolus alias Velazquez Bonetto, fondatore del Cybernetic Art Research Project (CARP). Diabolus ha progettato e costruito anche il nuovo edificio.
Fonte immagine : Mirabella (opera propria) / Wikimedia Commons Immagine del 25/12/2021

I musei immersivi e i tour virtuali

La digital transformation ha portato grandi innovazioni nel panorama delle mostre e degli eventi nei musei. Buona parte del patrimonio culturale è già stato digitalizzato e reso fruibile nella Rete.
Inoltre, i
social media rappresentano ad ora il principale mezzo di comunicazione e di accesso informativo ai vari portali museali. In questo ambito, i media immersivi hanno al contempo rappresentato una nuova frontiera nella fruizione dei contenuti, permettendo di estendere l’esperienza di visita e coinvolgendo un pubblico sempre più ampio alla scoperta delle strutture museali, senza che vi siano fisicamente presenti.

I tour virtuali permettono di esplorare le sale di esposizione e di visionarne le opere senza limiti di tempo, fonti di disturbo o tempi di attesa. Un’esperienza da poter provare in assoluta comodità, ovunque e in qualsiasi momento lo si desideri: un esempio pluripremiato è il progetto Met 360° promosso dal Metropolitan Museum of Art di New York nel 2017, che permette una visita immersiva nel museo direttamente dalla piattaforma YouTube.

La maggiore facilità di accesso ed osservazione delle opere potrebbe sollevare dei dubbi circa la possibile svalutazione del loro valore e il conseguente calo di visitatori all’interno dei musei. A ciò, si può però rispondere evidenziando due contributi fondamentali emersi dalla digitalizzazione delle opere.
Da questo punto di vista, infatti, il costante e perpetuo lavoro di restauro e manutenzione delle opere fisiche, necessario per garantire la loro conservazione a lungo termine, richiede ingenti costi e tempi di esecuzione dalla cadenza periodica, durante i quali il contenuto non è reso accessibile al pubblico.
Diverso è il caso di un’opera digitale che, a meno di problematiche della rete stessa, è sempre visibile qualsiasi sia lo stato del suo originale. Inoltre, la presenza di un tour virtuale offre intrinsecamente un valore promozionale aggiunto a quello già in essere della struttura museale.

A rafforzare le possibilità di crescita sia economica che culturale, le tecnologie immersive permettono anche di incrementare il valore di un tour effettuato in loco. È il caso di GO!Muse, iniziativa italiana basata sulla realtà aumentata e promossa dai ricercatori del Museo delle Scienze di Trento, in collaborazione con i paleo-artisti internazionali Davide Bonadonna e Fabio Manucci. Un progetto che, grazie a dei dispositivi messi in dotazione della struttura, permette ai visitatori di inquadrare gli scheletri degli animali per attingere ad un layer 3D aggiuntivo con una ricostruzione dei loro corpi in vita, animazioni di movimento ed ulteriori informazioni di approfondimento.

Un altro esempio, questa volta basato sulla realtà virtuale, è dato da VR Zone, programma promosso dal Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, in collaborazione con la divisione italiana della Sony Interactive Entertainment. Ogni fine settimana, per quarantacinque minuti, viene proposta un’esperienza altamente immersiva con visore Playstation VR, basata sulle tematiche della struttura e gestita da un animatore scientifico.

Nel tempo, i media immersivi hanno anche permesso di ispirare un nuovo tipo di opera da esporre e mostrare al pubblico. Emblematico è il caso di One Direction, una tela sperimentale dell’artista polacco Karol Pomykała che esplora la sfera onirica: fisicamente composta come una classica stampa a incisione su linoleum, l’osservatore può “immergersi” all’interno dell’opera, grazie all’ausilio di un dispositivo virtuale con il quale può visionarne i soggetti in prima persona.

Le proposte e gli esempi virtuosi qui descritti sono tutte declinazioni nate dalla convergenza di arte e tecnologia.
La possibilità di offrire esperienze interattive e/o contenuti aggiuntivi alle opere
per raggiungere, intrattenere e coinvolgere maggiormente il pubblico, anche distante, rappresenta il nuovo motore per diffondere e promuovere il patrimonio culturale 4.0.


La Digital Fashion

Modelle in passerella durante una sfilata di moda.
Fonte: Kris Atomic / Wikimedia Commons (immagine di pubblico dominio)

Il settore della moda, soprattutto durante il periodo pandemico, ha affrontato un grande processo di rinnovamento in maniera molto simile a quello museale. La moda ha infatti gradualmente amalgamato la tecnologia all’interno della propria offerta, al fine di garantire maggiore accessibilità e sostenibilità, in particolar modo sotto il profilo ecologico.
Dopo l’introduzione dell’Intelligenza Artificiale per predire
e anticipare le possibili tendenze del futuro con la prospettiva di progettare nuovi abiti in base ai suggerimenti di forecasting, la nuova frontiera del fashion business è guidata dalle tecnologie immersive.

Comprendere come trasporre una sfilata di moda dal reale al digitale è stata una delle prime sfide affrontate dai designer di tutto il mondo. Una prima risposta è arrivata da Yves Saint Laurent, la maison d’alta moda francese che nel 9 settembre 2020 (fuori dalla settimana della moda) ha realizzato un piccolo lungometraggio per presentare la propria collezione uomo per l’estate 2021. Diretto da Nathalie Canguilhem assieme alla rinomata compagnia audiovisiva Division, specializzata in video musicali e campagne pubblicitarie, il film mostra delle modelle-acrobate volteggiare in aria tra i tetti della capitale francese mentre indossano i capi da collezione, di fatto costituendo il primo esempio di passerella digitale.

Da quell’episodio, molti marchi hanno iniziato a sperimentare nuovi modi di esprimere il proprio estro creativo sfruttando i media digitali. Due esempi possono essere presi a modello: in primo luogo, quello di Balenciaga, che con il suo direttore creativo Demna Gvasalia ha voluto lanciare l’avventura immersiva videoludica di Afterworld: The Age of Tomorrow, in cui gli avatar dei personaggi potevano indossare i capi di abbigliamento della collezione Autunno 2020 e 2021.
Il secondo è quello del nipote dello stilista londinese di fama internazionale Alexander McQueen, Gary James McQueen, che lo scorso anno ha portato in passerella la sua “Guiding Light” grazie all’utilizzo dell’Unreal Engine, il motore grafico della Epic Games.

Il lato più commerciale del settore moda, costantemente alla ricerca di metodi innovativi ed efficaci per presentare le nuove collezioni dei suoi marchi più famosi, potrà giovare enormemente dagli eventi digitali grazie alle c.d. virtual showroom2, ricostruzioni virtuali tridimensionali di interi ambienti provvisti di ogni elemento e arredo (persino i camerini) nei quali, grazie alla realtà aumentata, si potrà simulare la prova dei capi o degli accessori, riducendo al minimo i tempi di acquisto e minimizzando i resi.
In questi eventi
ogni azienda potrà così massimizzare la personalizzazione della propria offerta e condividere un maggior numero di pezzi al pubblico, una prospettiva difficilmente immaginabile in una sfilata fisica.
Inoltre, sarà possibile presentare pezzi unici in formato digitale, da poter successivamente vendere all’asta, creando delle vere e proprie
limited edition di collezioni digitali sulla scia del modello NFT.

Una serie di abiti appesi in un negozio all’aperto di Shoreditch (Londra).
Fonte immagine : Artificial Photography / Unsplash

Il crescente fenomeno del fast fashion3per la produzione massiva di capi ai fini commerciali sta avendo un forte impatto ambientale e la moda digitale (o slow fashion) è una delle correnti creative nate per arginarlo. Gli eventi virtuali permettono di creare moda senza inutili sprechi di risorse, incrementando enormemente il c.d. time to market, la quantità di tempo che intercorre tra l’ideazione di un prodotto e la sua effettiva messa in commercio. Inoltre, in questo modo si prevede che anche la gestione e i tempi di consegna verranno enormemente abbattuti.

L’ultima evoluzione del mondo fashion è coincisa con l’avvento dei metaversi, spazi digitali decentralizzati e distribuiti in modo omogeneo sull’intera rete, basati su tecnologia blockchain e con pagamenti basati su criptovalute. Il mercato della moda virtuale ha dimostrato negli ultimi anni una crescente necessità di uno spazio ad hoc per poter presentare abiti, gioielli ed accessori al pubblico globale. Un esempio è stato l’evento della Metaverse Fashion Week, tenutosi tra il 24 ed il 27 marzo a Decentraland, una piattaforma presente sulla blockchain Ethereum in cui gli avatar degli iscritti hanno potuto partecipare agli show, oltre a poter anche acquistare e indossare i capi nella versione virtuale.
Tra i marchi presenti
si sono potuti annoverare Dolce&Gabbana, Hugo Boss, Tommy Hilfiger, Mango, Dundas, Philipp Plein e Giuseppe Zanotti.

La moda del futuro sarà contraddistinta dai valori di virtualità, espressività e unicità. La digital fashion sarà emblema di espressione del sé all’interno di una società sia fisica che virtuale, convergendo verso una personalizzazione totale di prodotti, modelli, fino ai singoli materiali di realizzazione. I tessuti diverranno interfacce e queste ultime influenzeranno le modalità espressive dei creativi e dei marchi, e le scelte di consumo del cliente finale.


Per ulteriori approfondimenti

1 A. D. Signorelli, Come sarà il futuro del sesso? (Wired Italia, 15/09/2019)

2 B. Barbato, Showroom virtuali, ecco come cambiano le esperienze di acquisto (SkyTg24, 26/08/2021)

3 F. Ermete, Fast fashion: tutto quel che c’è da sapere sulla moda facile e a basso costo (Tuttogreen, 01/03/2022)

Informazioni sull'autore

Classe 1995, nasce a Roma dove vive e lavora. Laureato in Ingegneria Informatica all’Università “Roma Tre” col massimo dei voti, nel 2020 pubblica un paper scientifico basato sulla sua tesi magistrale e si inserisce nel mondo del lavoro in piena pandemia.

Si specializza presto nel Cloud Computing e attualmente ricopre una posizione aziendale come Cloud Architect.

È appassionato di Videogiochi e prodotti multimediali e si aggiorna continuamente sulle nuove tecnologie, cui Intelligenza Artificiale e Machine Learning, Internet of Things e Realtà Aumentata/Virtuale/Mixata.

È inoltre un assiduo giocatore di GDR cartacei e di LARP.
In questo ambiente scopre una nuova passione legata all’artigianato, la Liquoristica. Nel 2013 inizia il suo percorso di sperimentazione di liquori italiani, per poi passare a Vini Speziati, Zuccherini Alcolici, Birre ed Idromele.
Nel 2018 inoltre ottiene il certificato Haccp che rinnova a cadenza biennale, con l'obiettivo di ottimizzare e garantire la salubrità alimentare delle sue produzioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *