A pochi giorni dalla chiusura della 70° Sagra della Porchetta di Ariccia che ha registrato un grande successo per le iniziative culturali portate avanti nelle tre giornate di festeggiamenti (2-4 settembre) e l’aumento di visite ai beni culturali e ambientali della cittadina dei Castelli Romani (Palazzo Chigi, la Locanda Martorelli, la Via Appia Antica e il Parco Chigi), siamo riusciti a raccogliere le impressioni di Maria Cristina Vincenti (in alto, NdR), guida naturalistica ed escursionistica nonché archeologa dell’Archeoclub Aricino Nemorense, che alcuni anni fa ha avuto modo di ideare una delle attrazioni legate alla rassegna per la Sagra, ovvero il Corteo di Cerere in costume romano.
Un evento che, anche quest’anno, ha suscitato l’interesse del pubblico presente e dei vari visitatori nel pomeriggio dello scorso 4 settembre.
Maria Cristina Vincenti, grazie mille anzitutto per l’aver accettato di rispondere alle nostre domande. Per prima cosa, puoi spiegarci come è nata questa idea?
Alcuni anni fa i miei studi di archeologa mi hanno portato ad occuparmi dei reperti della Cerere del Casaletto, una località di Ariccia.
Lì ho scoperto la matrice culturale della “porchetta” (piccolo maiale di genere femminile): l’allevamento del maiale a Roma e ad Ariccia è infatti iniziato a partire dal IV secolo a.C. , visto che l’animale sacrificale di Cerere, la dea dei campi e delle messi, era proprio il maiale.
Il successo del Corteo in costume romano e l’apprezzamento da parte del pubblico hanno inoltre confermato che l’archeologia, se ben comunicata, può restituire identità a un territorio.
Possiamo quindi dire che anche la cultura ad Ariccia “ha fatto centro”?
Indubbiamente quest’anno, nell’ambito della Sagra, ha vinto la cultura e di questo sono pienamente felice: ho visto infatti che molte persone hanno visitato i nostri beni culturali, anche veicolati dalle escursioni guidate da me organizzate, che sono state molto partecipate.

Abbiamo parlato prima del culto della dea Cerere, ma a quale tipo di coltivazione era connessa la divinità?
Con Cerere abbiamo l’introduzione della coltivazione del grano nella Valle di Ariccia, a lei sacra.
A riguardo, posso anche aggiungere come stia per essere pubblicato un mio articolo in cui tratto di questo argomento, che ho approfondito ulteriormente nell’ambito del Festival dell’Archeologia tenutosi al Palazzo Chigi di Ariccia lo scorso 24 luglio: nei mei studi, infatti, ho potuto individuare la zona della valle in cui era ubicata l’area sacra a questa divinità, uno dei culti aricini da porre in connessione con la Via Appia Antica.
Si tratta di un culto di matrice greca, giusto?
Proprio così, la dea Cerere infatti viene dal culto della dea Demetra per i Greci e anche nei rituali del culto aricino troviamo alcuni elementi in comune: in particolare l’offerente, ovvero la statua in terracotta di una fanciulla in trono che ha tra le mani un porcellino, riprende in modo sorprendente molte delle caratteristiche stilistiche greche.
Grazie mille allora per averci offerto questa diapositiva sulla storia.
Grazie mille a voi per l’opportunità!
La Vincenti non aggiunge altro, ma tutto lascia presumere che il progetto del Corteo di Cerere in costume romano avrà sicuramente dei nuovi sviluppi.
(In copertina, una foto di gruppo della dott.ssa Maria Cristina Vincenti con l’Archeoclub Aricino Nemorense in occasione del Corteo di Cerere in costume romano ad Ariccia, p.g.c.)