Cinema

Storia, letteratura e cinema per la seconda giornata dell’IRISH FILM FESTA 15

La seconda giornata dell’IRISH FILM FESTA 15 ha offerto una serie di eventi molto interessanti e coinvolgenti al pubblico di appassionati presenti alla Casa del Cinema in Villa Borghese, andando a esaltare alcuni dei temi chiave di questa edizione quali la letteratura, il legame con la terra e la natura, e il racconto documentaristico.

Inoltre, la giornata da poco conclusa della rassegna ha visto il gradito ritorno a Roma dello “special guest” di questa edizione: il regista irlandese Pat Collins, il quale ha avuto modo di presentare al pubblico il documentario “John McGahern – A Private World”, da lui diretto nel 2005 e incentrato sulla parte finale della vita dello scrittore irlandese John McGahern.
Mcgahern e Collins saranno nuovamente protagonisti anche nella terza giornata della FESTA, quando verrà proiettato l’ultimo lavoro diretto lo scorso anno da Pat Collins
“That They may Face The Rising Sun”, tratto dall’ultimo, omonimo romanzo di McGahern.

La Direttrice Artistica dell’IRISH FILM FESTA, Susanna Pellis, insieme al professor John McCourt (Università di Macerata) e al regista Pat Collins

“Face Down”, un altro tassello nella lunga storia dei Troubles

La prima pellicola proiettata in giornata è stata un documentario che ha riportato l’attenzione del pubblico della Casa del Cinema al periodo dei c.d. Troubles in Irlanda del Nord, con una grande co-produzione cinematografica che ha visto coinvolta Irlanda, Germania, Spagna, Regno Unito, USA e Australia e che inserisce un altro tassello all’interno del grande schema del conflitto settario tra repubblicani irlandesi e unionisti nordirlandesi partito negli anni Settanta.
“Face Down”, documentario diretto lo scorso anno dal regista Gerry Gregg e presentato con successo nell’ultima edizione del Galway Film Fleadh, racconta e approfondisce i fatti legati al rapimento e all’uccisione di Thomas Niedermeyer, alto dirigente tedesco degli stabilimenti Grundig a Belfast e console onorario della Germania Ovest, avvenuto il 27 dicembre 1973 ad opera dell’IRA.
La pellicola mostra una visione più ampia su questo fatto di cronaca fornendo ulteriori elementi di contesto sulla vicenda ma, soprattutto, esamina l’impatto traumatico e devastante che la morte di Niedermeyer ebbe tanto sulla sua famiglia quanto – in un dramma intergenerazionale – su quelle delle sue due figlie.


Alla scoperta del “mondo privato” di John McGahern

Si arriva così al grande evento del pomeriggio: l’incontro con il regista Pat Collins, accolto dal pubblico presente in sala assieme alla Direttrice Artistica della FESTA Susanna Pellis e da un altro gradito ospite della rassegna, il professor John McCourt, Rettore dell’Università degli Studi di Macerata e collaboratore di lunga data di questa manifestazione.
Grande ammiratore della letteratura di McGahern, il professor McCourt ha potuto delineare per i presenti una panoramica sulla vita dello scrittore irlandese e sul grande impatto che ha avuto nella letteratura contemporanea del suo Paese (il suo secondo romanzo,
The Dark, venne bandito per oscenità dall’Irlanda nel 1965 e l’evento causò una forte censura nei suoi confronti, rafforzata in seguito anche a un matrimonio civile con una donna finlandese, considerato “scandaloso” al tempo).

L’intervento del professor John McCourt sulla vita dello scrittore John McGahern

Il documentario diretto da Pat Collins ci porta ad osservare l’ultimo anno di vita di McGahern in un viaggio molto profondo e coinvolgente anche a discapito di una durata non troppo estesa (poco meno di un’ora). Un’opera in cui John McGahern è il punto nevralgico e che riprende in maniera diretta e senza fronzoli la sua arte, la sua capacità di creare storie attraverso l’idea dell’immagine che per lo scrittore era “la lingua dell’immaginazione”.

In vita McGahern ebbe modo di scrivere solo sei romanzi, a fronte di una grande creatività e immaginazione legate contemporaneamente a uno stile di scrittura estremamente misurato e attento nell’uso delle parole, quelle parole capaci di distinguere “un’opera meravigliosa” da “una da buttare in discarica”. Nella pellicola il racconto biografico e del processo di creazione delle sue memorie, viene intervallato da alcuni estratti dai romanzi scritti (e letti) dallo stesso McGahern, nei quali si nota l’armoniosa musicalità della sua prosa e la ricerca di quell’equilibrio in grado di rievocare immagini suggestive per il lettore, colui che – a dire di McGahern – completava la stesura del romanzo.

Il documentario ha colpito profondamente il pubblico presente in sala, che ha tributato una vera e propria ovazione al regista Pat Collins al termine della proiezione, in attesa di poterla bissare con la proiezione del suo ultimo lungometraggio nella giornata di Sabato 6 Aprile.


Uno sguardo letterario e cinematografico su John McGahern – Le interviste a John McCourt (Università degli Studi di Macerata) e a Pat Collins

Professor McCourt, la ringrazio per la sua disponibilità.
Abbiamo appena finito di seguire il documentario dedicato allo scrittore irlandese John McGahern, può darci brevemente un suo parere sulla proiezione?
Buonasera a voi, abbiamo appena seguito un film bellissimo che racconta questo autore e che ci fa vedere quanto di quello che uno scrittore fa viene proprio dai primi anni della sua vita e dalle sue radici, in questo caso delle radici irlandesi di Leitrim legate alla terra e alla vita rurale.
Importante anche il rapporto dello scrittore con la madre, che purtroppo perde quando è molto giovane, e quello purtroppo molto complicato con un padre violento e repressivo non soltanto con lui ma con tutti i suoi figli.
Questo film racconta dell’autore McGahern e – allo stesso tempo – l’autore si racconta davanti alle telecamere con grande pazienza e tranquillità negli ultimi mesi della sua vita e credo quindi che sia stata un’opera ben riuscita.

Nella sua introduzione alla pellicola, lei ha avuto modo di fare un parallelo tra John McGahern e James Joyce. Può spiegarci meglio questo suo collegamento tra le due figure intellettuali?
Sono due grandi scrittori irlandesi legati a due periodi storici differenti ma con elementi comuni: sebbene Joyce visse nella prima metà del Novecento e ebbe modo di raccontare la vita della città e McGahern visse nella seconda metà e ebbe modo di portarci nell’Irlanda rurale, entrambi narrano in qualche modo la vita familiare irlandese, i problemi intergenerazionali e quelli con i propri genitori, specialmente con le figure maschili.
Inoltre, in entrambi vi fu l’attenzione per lo stile, quello stile che Joyce definiva “scrupolous meaningless”, di cui non spreca mai una parola e questa abitudine viene seguito poi da McGahern che, al pari di Joyce, fu un poeta che scrisse romanzi.

In conclusione, se dovesse consigliare ai nostri lettori un primo libro per approcciare la letteratura di John McGahern, quale vorrebbe consigliare e per quale motivo?
Io partirei da quello che considero il suo capolavoro che è Amongst Women, un bellissimo romanzo del 1990 che racconta la storia d’Irlanda e della guerra civile attraverso un protagonista, Michael Moran, che la incarna ma da un punto di vista molto familiare, con tutte le problematiche della famiglia e del personaggio stesso. Un romanzo che è un tentativo di McGahern di capire quella parte della propria storia e di capire anche la generazione di suo padre.

Grazie mille, Professore e buon lavoro!
Grazie a lei e un saluto ai suoi lettori.

Il regista Pat Collins introduce la pellicola “John McGahern – A Private World” (2005)

Signor Collins, grazie mille per la sua disponibilità.
Abbiamo appena finito di seguire il documentario che lei ha girato sulla vita del famoso scrittore irlandese John McGahern, ci potrebbe offrire una una panoramica sul suo lavoro e sulla sua cinematografia?
Buonasera, nel complesso posso dire che il mio lavoro si basi generalmente sui documentari e sui lungometraggi, dedicati in particolar modo a soggetti legati alla cultura irlandese. Ho realizzato alcuni lavori anche al di fuori dell’Irlanda, ma mi concentro principalmente su soggetti irlandesi, legati a numerosi aspetti della sua cultura, al mondo della letteratura e della scrittura.

Parlando del suo documentario, nel suo intervento introduttivo ha spiegato al pubblico come quest’opera sia stata il frutto di venti anni di lavoro e di un anno di riprese a fianco di McGahern, nell’ultimo anno della sua vita prima che venisse a mancare per il cancro. Può raccontarci qualcosa del “dietro le quinte” e del rapporto che ha instaurato con McGahern?
Ho avuto modo di leggere i romanzi di John McGahern per molto tempo, da quando avevo da poco compiuto vent’anni passando per i primi anni Novanta e fino al 2002 quando uscì il suo ultimo romanzo That They may Face The Rising Sun.
L’opportunità di poter lavorare a fianco di McGahern è nata grazie al produttore Philip King che mi propose al tempo di realizzare un documentario sulla vita dello scrittore, che in quel momento stava scrivendo le sue memorie autobiografiche e quindi viveva anche quella fase profondamente riflessiva e introspettiva della propria esistenza.
Quando ho cominciato le riprese nel marzo del 2004 non ero a conoscenza della sua malattia terminale, ma l’ho compreso solo in seguito. Il documentario poi uscì l’anno seguente per la televisione irlandese e – allora – divenne un grande successo al punto di ottenere anche numerosi premi e riconoscimenti, ma nel 2006 McGahern venne a mancare.

Credo che McGahern sia stato un grande, importante scrittore per l’Irlanda che sarebbe stato apprezzato anche altrove come è effettivamente avvenuto in Francia, nel Regno Unito e in America.

In conclusione, ho personalmente trovato un elemento che accomuna questo suo documentario a un suo più recente lavoro che è stato presentato in una precedente edizione dell’IRISH FILM FESTA, ovvero il lungometraggio Song of Granite (2017): il fattore del silenzio e della parola.
Dal momento che ci ha spiegato come questo documentario non abbia avuto una colonna sonora per esplicita richiesta di McGahern – che volle soltanto i rumori ambientali – e paragonadolo all’importanza del silenzio in
Song of Granite
, ci può spiegare quanto siano importanti questi elementi nella sua filmografia?
Credo che sia stato un qualcosa che ho cominciato a sviluppare proprio mentre ero alle prese con la realizzazione di questo documentario, una sfida che mi si è presentata davanti che mi ha fatto cominciare a concepire il concetto di suono e del sonoro in una maniera differente.
Credo anche che ti poter dire che non ci sia abbastanza tensione in gioco nel momento in cui si utilizzano i suoni ambientali nel linguaggio cinematografico, ma che anzi sia anche molto utile e efficace per l’impatto della storia che si va a raccontare.

Eppure temo che il silenzio e i rumori della natura non siano ancora valorizzati abbastanza nel mondo del cinema, credo sia importante soprattutto quando si vuole creare uno spazio per gli spettatori per poter riflettere su quello che stanno vedendo.

Grazie mille, signor Collins e a domani!
Grazie a lei per l’intervista e un saluto ai suoi lettori!

 

Informazioni sull'autore

Nato a Roma nel 1992, è uno studente laureando nel corso di Laurea Magistrale in Relazioni Internazionali presso l'Università "La Sapienza" di Roma.

Le passioni per la scrittura e per il mondo del giornalismo lo seguono da quando era ragazzo, confluendo in vari progetti nei quali ha accumulato esperienze e conoscenze: dagli anni dei giornali liceali fino all'inizio degli studi universitari, con il coinvolgimento attivo in una web-radio amatoriale in cui in due anni provvede a creare palinsesti, programmi e contenuti radiofonici dedicati alla musica, ma soprattutto alla promozione della musica emergente nella scena underground romana.

Dopo la laurea triennale in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali conseguita nel 2015, nel 2017 torna a scrivere in un progetto editoriale nazionale che lo vede ancora oggi coinvolto. Infine, dopo un'ulteriore esperienza triennale in un progetto associativo nel quale ha avuto modo di organizzare da remoto numerosi eventi e conferenze dedicate all'approfondimento del mondo della geopolitica, contribuisce alla fondazione del progetto portato avanti da ReAct360.

Travolto da mille passioni e interessi, cerca ogni giorno di mantenere fede alla ricerca e al lavoro costante verso la conoscenza in tutto quello che lo circonda, non accontentandosi di una sola faccia della medaglia e dedicandosi a osservare il quotidiano con senso critico, in modo da poter formare una propria opinione.

Amante dell'Irlanda, della buona musica e della Storia, trova maggiore ispirazione nella scrittura durante le ore notturne, con un album musicale di sottofondo.

Per ReAct360 si occupa della scrittura di articoli, ma anche della revisione di bozze e comunicati stampa, oltre alla gestione del sito e al suo continuo ampliamento.

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