Negli ultimi giorni i fatti di cronaca riguardanti l’incendio nella discarica di Malagrotta hanno ribadito la rilevante attualità e importanza del contrasto ai cambiamenti climatici oltre alla questione correlata della qualità dell’aria.
Non si deve però pensare alla questione unicamente dalla prospettiva locale della Capitale d’Italia: basti pensare infatti a come le aule del Tribunale Civile di Roma siano state teatro martedì scorso del secondo atto di un processo iniziato nel dicembre dello scorso anno e nel quale lo Stato Italiano – attraverso la sua Avvocatura – risulta sul banco degli imputati per “inazione climatica”.
Questo scontro processuale, che rappresenta una prima volta nella storia giudiziaria del nostro Paese, rientra nella campagna denominata “Giudizio Universale”1 lanciata e promossa nel 2019 dall’associazione A Sud che, attraverso i propri legali, ha riunito numerose associazioni e privati cittadini nel citare in giudizio lo Stato per non aver adempiuto ai propri obblighi nel contrasto ai cambiamenti climatici2.
Le mosse energetiche dell’Unione Europea dopo lo scoppio del conflitto russo-ucraino
Il quadro alquanto critico legato all’attualità si inserisce nel più grande scenario comunitario (e di ampio respiro globale) nel quale l’Unione Europea si ritrova a ripianificare radicalmente le proprie politiche energetiche in seguito allo scoppio del conflitto russo-ucraino ormai quasi quattro mesi fa.
La guerra in corso infatti sta portando i paesi membri ad affrontare le conseguenze sulle proprie economie e nel settore energetico: con i pesanti pacchetti di sanzioni comminate dall’Unione Europea nei confronti della Russia (sei fino ad ora), che tra le varie voci hanno colpito anche all’approvvigionamento di risorse quali il gas, il petrolio e il carbone, e le conseguenti ritorsioni portate avanti dal governo di Mosca, l’Europa si sta ritrovando ad agire in apparente controtendenza rispetto ai progetti del Green Deal Europeo promosso dalla Commissione Europea guidata da Ursula Von der Leyen.
Diversificare il portafoglio energetico – Le mosse dell’Italia
In questa direzione si sta muovendo anche il Governo italiano, che nel corso dei mesi sta provvedendo ad ampliare il proprio portafoglio energetico per rendersi maggiormente autonoma dalle fonti energetiche russe.
Come? La risposta si articola in più punti: in primo luogo, come esplicitato dalle dichiarazioni del Presidente del Consiglio italiano Mario Draghi nel marzo scorso, attraverso il rilancio e il raddoppio della Trans Adriatic Pipeline (TAP), il gasdotto finale del progetto che dall’Azerbaijan trasporta il gas naturale attraverso il Caucaso Meridionale e l’intero territorio della Turchia fino a giungere nell’area adriatica attraverso Grecia, Albania e Italia.
In secondo luogo, con la stipula nel maggio scorso di nuovi accordi con l’Algeria per la fornitura di gas naturale e in aggiunta, con l’aumento vertiginoso dei costi del gas legati allo scontro politico tra Unione Europea e Russia, le dichiarazioni e l’operato del Governo sembrerebbe tendere ad un ritorno all’utilizzo del carbone (sebbene in via temporanea) nel territorio nazionale, riattivando le centrali in disuso adibendole a tale scopo. Una possibilità che, come le altre prospettive, si pone in controtendenza rispetto ai piani di miglioramento legati alla transizione ecologica verso le energie rinnovabili.
L’Italia “piange”, ma nell’area UE “non si ride”
Se però il nostro Paese si ritrova in una situazione alquanto problematica, legata anche alla propria importante esposizione e alla propria dipendenza dall’afflusso delle risorse energetiche russe, non si può dire che nel resto d’Europa lo scenario risulti meno preoccupante.
Le prospettive infatti appaiono tutt’altro che rosee: basti prendere ad esempio la situazione della Germania che a sua volta, dopo aver deliberato la chiusura delle centrali nucleari verso la fine dell’anno scorso7, sta correndo ai ripari riaccendendo le proprie centrali a carbone per compensare lo shock energetico legato al rallentamento dei flussi di gas russo3.
Scelte che fanno da contraltare rispetto ai piani di Berlino di raggiungere la propria neutralità climatica (postdatata di cinque anni, con nuovo traguardo fissato al 2045) e, soprattutto, rispetto alla lotta contro l’aumento delle emissioni di gas serra.
Un elemento curioso poi, tenendo conto della composizione del governo in carica, legata alla c.d. “coalizione semaforo” che vede coinvolti i Socialdemocratici, i Liberali e – cosa più “grave” – il Partito dei Verdi.
Anche la Francia, nella lotta contro il riscaldamento globale, mostra alcune importanti défaillances: la Nazione che nel 2015 si è posta come promotrice degli Accordi di Parigi per il dimezzamento delle emissioni globali di gas serra entro il 2030, è stata infatti definitivamente condannata dal Tribunale Amministrativo di Parigi per inadempimenti climatici4
L’inizio dell’estate e gli effetti critici sul territorio italiano
Per tornare nuovamente in Italia, la siccità che negli ultimi giorni ha colpito il nostro Paese (e in particolar modo il Nord Italia) è oggetto delle preoccupazioni della stessa l’Unione Europea come indicato anche in un recente intervento del commissario europeo Frans Timmermans.
A livello nazionale, secondo gli esperti, la situazione drammatica in corso rappresenta la peggiore degli ultimi settant’anni. considerando come stia avendo luogo nelle prime settimane della stagione estiva: si sta pensando al razionamento idrico per le regioni di Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e in parte della Liguria (soprattutto quella di ponente).
Nel Lazio, risultano alquanto preoccupanti le situazioni del Tevere e dell’Aniene, e sono molto in calo sono i livelli dei laghi di Nemi e Bracciano, al punto che il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti ha da poco proclamato lo stato di calamità naturale per il territorio regionale anche se, per il momento, sembrerebbe evitato il pericolo del razionamento idrico nella Capitale.
In Sardegna, invece, il territorio deve affrontare da settimane la piaga delle cavallette che stanno devastando i terreni agricoli con il rischio concreto di mettere in ginocchio la filiera agroalimentare locale.
Serve una soluzione seria e realmente applicabile
L’Italia ha già dovuto affrontare diversi episodi di siccità negli ultimi anni, con conseguenze negative specialmente sui settori agricoli e industriali che hanno avuto pesanti ripercussioni anche sul settore del turismo.
Stando poi alle ultime indiscrezioni, appare sempre più prossima la proclamazione di un nuovo stato d’emergenza a livello nazionale da parte del Governo in stretta sinergia con le sue Regioni (come indicato anche nell’ultima Conferenza delle Regioni che ha avuto luogo nella giornata di ieri).
A tal proposito, alcune tra le Regioni maggiormente colpite (al momento l’area più critica risulta quella del Nord Italia) hanno adottato una prima serie di misure per la riduzione degli sprechi (razionamento dell’acqua, riduzione o blocco dell’utilizzo idrico nelle ore notturne). Il tutto mentre dall’Osservatorio sul Po è arrivata l’indicazione di proseguire con l’irrigazione, nonostante la situazione alquanto critica.
La proposta arrivata è quella di un provvedimento transitorio per equilibrare l’uso dell’acqua rimasta: diminuire i prelievi del 20% per continuare comunque l’irrigazione, ma garantire l’afflusso di acqua anche al delta.
Un circolo vizioso che può essere visto solo come una tamponatura provvisoria del grande problema rappresentato dall’emergenza climatica, che si aggiunge all’elenco di situazioni emergenziale proclamate dallo Stato nel corso degli anni.
Il problema riguarda la stessa natura dell’intervento governativo, che in troppe occasioni si è mosso e ha agito per rimediare alle problematiche emergenziali del momento anzichè provvedere a prevenirle, attivando interventi di natura strutturale che coinvolgessero l’intero “sistema Paese”.
Oggi più che mai è fondamentale che le istituzioni pubbliche ascoltino la scienza e agiscano con decisione e fermezza in tempi rapidi, non “facendo acqua da tutte le parti” : è alquanto concreto infatti il rischio che per quel momento non potrebbe essercene più.
Note e ulteriori riferimenti
1 Per maggiori informazioni sulla campagna, si rimanda al sito www.giudiziouniversale.eu
2 La Germania sta spegnendo tre centrali nucleari, Il Post (31/12/2021)
3 G.Fenaroli, Gas, Germania alza ad “allarme” il livello del piano emergenza energia, Il Giornale (22/06/2022)
4 La sentenza pronunciata il 14 ottobre scorso dal Tribunale Amministrativo di Parigi ha messo la parola fine a un lungo processo – partito nel 2019 – che ha visto la Francia citata in giudizio da quattro organizzazioni non governative riunitesi sotto la sigla L’Affaire du Siècle per il mancato ottemperamento degli obblighi di ridurre sensibilmente il proprio impatto sul clima e sulle emissioni di CO₂.
La sentenza obbliga l’Eliseo a compiere qualsiasi sforzo per ridurre le quantità di gas serra emesse nel corso di tre anni (dal 2015 al 2018) entro il 31 dicembre 2022.