Intrattenimento

Le luci (e le ombre) dietro a “Gli Anelli del Potere”

Una fotografia di J. R. R. Tolkien, databile tra il 1925 e il 1926, prima di lasciare l’Università di Leeds (Regno Unito) in cui ricopriva il ruolo di docente.
Fonte immagine: Epistle of Dude / WordPress (opera di pubblico dominio)

Sono passati pochi giorni dall’ultimo episodio che ha concluso il primo atto de Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere, la nuova serie televisiva firmata Amazon tratta dall’universo immaginario di John Ronald Reuel Tolkien (a destra, NdR), uno degli autori fondamentali per lo sviluppo della letteratura fantasy.
Un’opera fortemente ambiziosa che ha riportato il pubblico di appassionati e non delle opere di Tolkien a distanza di otto anni dall’uscita de Lo Hobbit: La Battaglia delle Cinque Armate (2014), ultimo capitolo della trilogia prequel diretta dal “Maestro” de Il Signore degli Anelli, Peter Jackson.
Una lunga attesa che arriva a essere ancor più lunga (ben ventun anni) nel voler includere anche l’inizio di una delle trasposizioni cinematografiche più di successo della storia del cinema da parte dello stesso Jackson con l’omonimo Il Signore degli Anelli (2001), un viaggio con il quale il regista neozelandese si è consacrato come regista di primissimo ordine.

Gli Anelli del Potere ha suscitato un enorme interesse (con le annesse aspettative) di milioni di spettatori in tutto il mondo, tanto da infrangere diversi record di visualizzazioni sulla piattaforma Prime Video e se da una parte si può affermare come la serie sia stata effettivamente apprezzata del pubblico generalista, dall’altra ha però subito numerose polemiche e veementi critiche da parte degli appassionati della letteratura di Tolkien.

In una spaccatura così dirompente nel pubblico, quello che ci siamo chiesti prima di intraprendere questa avventura – e che diventa ancora più dirimente adesso – è stato un quesito di non facile soluzione: la serie sarà riuscita a soddisfare le nostre aspettative?


“Gli Anelli” di Amazon – Come si è arrivati alla creazione della serie televisiva

(a cura di Ruggero Carlo Giannini)

Una breve premessa è d’obbligo per avere un’idea più chiara di come si sia arrivati alla realizzazione di questa serie e per farlo si deve tornare al 2017, ovvero l’anno in cui la Tolkien Estate and Trust, l’ente che cura la gestione delle proprietà intellettuali legate al celebre scrittore inglese, entrò in trattativa con alcune tra le più importanti piattaforme on demand per avviare la produzione di un nuovo adattamento basato sulle opere dell’autore.
Nello stesso anno, il colosso Amazon guidato dal multimiliardario Jeff Bezos emerse come principale acquirente: la compagnia era alla ricerca di idee con cui poter sviluppare un’ambiziosa serie televisiva legata al fantasy per la propria piattaforma on demand, un piano per poter competere con la rivale HBO che in quel periodo dominava grazie agli straordinari successi legati alla serie televisiva Il Trono di Spade tratta dalla saga di romanzi firmata da George R. R. Martin.
Da grande appassionato delle opere di Tolkien, Bezos partecipò personalmente alle trattative, offrendo agli eredi una cifra pari a 250 milioni di dollari per assicurarsi i diritti per la distribuzione del programma per un totale di quattro/cinque stagioni e impiegando in seguito ingenti risorse per la sua realizzazione.


Una voce “fuori dal coro” – Cosa non torna nella serie Amazon “Gli Anelli del Potere”

(a cura di Giulia Vinci)

Sebbene queste siano state le premesse che hanno portato Bezos e la sua Amazon a fare follie per ottenere il consenso degli eredi di Tolkien alla creazione di una serie televisiva, la prima stagione de Gli Anelli del Potere non ha visto soltanto le luci della ribalta internazionale: la serie, infatti, è stata anche oggetto di fortissime critiche e ampie discussioni attorno alla sua fedeltà o meno rispetto ai libri e al materiale creato in vita da Tolkien.

Per chi ama e ha amato Il Signore degli Anelli, è apparso evidente come gli sceneggiatori abbiano dovuto rimaneggiare pesantemente la storia, optando in vari casi per delle soluzioni narrative che hanno stupito chi conosce a menadito il lavoro di Tolkien, non necessariamente in positivo
Uno dei casi più lampanti è lo stravolgimento della cronologia della “forgiatura degli Anelli”, fondamentale per la storia della Seconda Era e per il quale può bastare anche il ricordo delle pellicole di Peter Jackson per osservare come sia in evidente contrasto con quanto scritto in vita da Tolkien: molti di noi infatti ricorderanno l’iconica frase all’interno dei primi minuti de Il Signore degli Anelli, dopo la morte di Isildur, re di Gondor (La storia divenne leggenda, la leggenda divenne mito, e per 2500 anni dell’Anello si perse ogni conoscenza finché, quando si presentò l’occasione, esso irretì un nuovo portatore).
La serie televisiva, da questo punto di vista, non rispetta minimamente la cronologia degli eventi narrati da Tolkien: dubito fortemente infatti che alcuni dei personaggi che incontriamo ne Gli Anelli del Potere – che tra l’altro si trovano già in là con l’età – possano avere almeno 3000 anni.

Un altro caso da prendere a esempio riguarda un altro clamoroso stravolgimento sulle origini e sulle mentite spoglie dell’oscuro antagonista Sauron. Gli sceneggiatori della serie televisiva hanno infatti optato per indentificarlo con il personaggio di Halbrand, un re delle Terre del Sud caduto in disgrazia, ma nei libri di Tolkien si riporta chiaramente come Sauron trascorse molto tempo tra gli Elfi nelle vesta del bellissimo e affascinante Annatar, “il Signore dei doni”.
Questa identità fittizia è del tutto centrale nella storia scritta da Tolkien poiché, col tempo e con l’aiuto di vari inganni e sotterfugi, gli permise di convincere i fabbri del regno elfico di Eregion, capitanati da Celebrimbor (quest’ultimo fedelmente ritratto nella serie), a forgiare i primi Anelli del Potere (sedici in tutto) soltanto per i Nani e gli Uomini, per poi recarsi in seguito presso il Monte Fato e forgiare “l’Unico Anello” con cui controllare tutti gli altri.
Soltanto in seguito a questi eventi (e non il contrario, come riportato nella serie) il fabbro elfico Celebrimbor avrebbe forgiato i tre Anelli degli Elfi, e questo cambia fortemente la cronologia e la storia degli eventi riportati ne Gli Anelli del Potere.
Un’altra chiosa riguardante il personaggio di Halbrand: colui che aveva consigliato il maestro dei forgiatori elfici di usare “il potere del poco mithril”, infatti, non è presente proprio nel momento della forgiatura degli Anelli.

Vi sono anche altri personaggi del mondo di Tolkien che vengono ritratti e inseriti all’interno della serie tv Amazon in chiaro contrasto con quanto riportato nei libri dello scrittore britannico: è questo il caso di Elendil e di Isildur, che vengono presentati nella serie quando, per i libri, nascono dopo la forgiatura degli Anelli, stravolgendo così la linea temporale di Tolkien.

Le “storpiature” hanno in parte risparmiato il personaggio della giovane Galadriel, che osserviamo nella serie televisiva in una versione decisamente lontana dall’adattamento cinematografico di Peter Jackson ma che in parte rispetta la descrizione che ne faceva Tolkien all’interno di opere antecedenti a Il Signore degli Anelli come Il Silmarillion: la Signora degli Elfi di Lothlorien veniva infatti descritta da Tolkien come una figura “forte nel corpo, nella mente e nella volontà”, ma anche come orgogliosa, forte, ostinata”, una donna elfica che “desiderava governare un regno nella Terra di Mezzo” e che si sapeva destreggiare con le armi (“Lei e Celeborn combatterono eroicamente in difesa di Alqualonde”).
Nonostante il tentativo di rimanere fedeli ai dettami tolkeniani però, il personaggio “ricreato” dagli sceneggiatori della serie tv è stato fortemente criticato dagli amanti delle opere dello stesso Tolkien.

Decisamente discutibile infine la questione dedicata alla “nascita” degli Orchi: si tratta di una vera e propria “invenzione dal nulla” che gli sceneggiatori hanno voluto attribuire al personaggio di Adar, un elfo corrotto chiamato “padre” dagli stessi Orchi, i quali però si rivelano fin troppo “buoni” nella descrizione che ne fa la serie. Piccolo dettaglio a margine: il personaggio non esiste nei libri di Tolkien.

In conclusione, si può comprendere fino a un certo punto come la maggior parte degli stravolgimenti riconosciuti dai fan dei libri potesse essere in qualche modo legata alle “scelte obbligate” degli sceneggiatori e all’assenza dei diritti di utilizzo dell’intero ammontare delle opere di John Ronald Reuel Tolkien (l’accordo ottenuto da Amazon nel 2018, fortemente voluto dallo stesso Bezos, ha dovuto infatti sottostare a dei parametri molto rigidi da parte degli eredi dello scrittore britannico sulle capacità di intervento creativo): questa premessa infatti non giustifica alcune scelte decisamente artificiose e profondamente discutibili che distaccano profondamente Gli Anelli del Potere dal filone temporale e dal contesto narrativo del mondo creato da Tolkien, creando non poco scoramento per gli appassionati.

Si può “forse” parlare di una piacevole e avvincente serie fantasy, ma ciò che ritengo sia un dato innegabile è che questa impresa cinematografica portata avanti da Amazon vada separata in modo netto dai canoni e dal contesto narrativo di Tolkien.


La trama della prima stagione de “Gli Anelli del Potere”

Ambientata migliaia di anni prima degli eventi de Lo Hobbit e de Il Signore degli Anelli, la serie traspone per la prima volta i racconti della c.d. Seconda Era nell’arco della storia della Terra di Mezzo.
Un’era in cui grandi poteri furono forgiati, alcuni regni ascesero alla gloria a discapito della rovina di altri, un’era in cui eroi improbabili furono messi alla prova e nella quale il più grande antagonista mai uscito dalla penna di Tolkien minacciò portare il mondo nella totale oscurità.

I protagonisti della serie tv sono un gruppo di personaggi che si ritrova a dover affrontare il temuto ritorno del Male nei luoghi più disparati della Terra di Mezzo: dalle maestose foreste di Lindon, la capitale degli Elfi, passando per il regno insulare di Númenor e la città sotterranea di Khazad-dûm, fino alle desolate terre di Mordor.

Fonte immagine: The Lord of the Rings on Prime / Facebook

Un kolossal in televisione

(a cura di Ruggero Carlo Giannini)

In termini di grandezza, Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere è uno dei prodotti televisivi più sorprendenti degli ultimi anni. L’elemento di maggior impatto nella serie è certamente il comparto tecnico che si distingue per una qualità di gran lunga superiore agli standard delle grandi produzioni sia televisive che cinematografiche.

Il ritmo della narrazione è ben strutturato, al netto di una non del tutto gratificante lentezza nello sviluppo narrativo agli occhi dello spettatore, dovuto molto probabilmente anche alla densità del materiale preso a riferimento (l’universo di Tolkien).
Proprio come il visionario regista Denis Villeneuve
ha finora adattato solamente la prima metà del romanzo Dune di Frank Herbert all’interno del suo capolavoro cinematografico dello scorso anno come mera (ma ricchissima) introduzione al mondo epico e fantascientifico creato dallo scrittore statunitense, questo primo ciclo di episodi della serie di Amazon va valutato e visto come un ampio prologo che presenta allo spettatore le atmosfere, i luoghi e i personaggi che popolano la Terra di Mezzo della Seconda Era in vista di un progressivo avanzamento della trama generale nelle stagioni successive (già confermate da Amazon).

Impeccabile la resa narrativa dei vari popoli che abitano nella Terra di Mezzo, ognuno con i propri usi, costumi e tradizioni, oltre ai propri linguaggi (apprezzabile in questo senso la ricerca filologica in questo fedele a quanto ricreato da Tolkien).
In generale, l’intero cast ha notevolmente contributo alla caratterizzazione dei personaggi della serie, come per esempio l’impavida guerriera elfica Galadriel interpretata da Morfydd Clark: l’attrice infatti prende un pesantissimo testimone nell’interpretare il personaggio identificato con il volto della magistrale Cate Blanchett nei pellicole di Peter Jackson ma non demerita, mostrando al pubblico “esperto” un lato inesplorato da un punto di vista narrativo del personaggio e – in linea generale – una figura interessante e da apprezzare.

Interessanti anche i personaggi di Halbrand, il misterioso umano interpretato da Charlie Vickeris, dell’elfo Arondir (Ismael Cruz Córdova) e di Browyn (Nazanin Boniandi), dei quali ho trovato molto coinvolgente l’intreccio amoroso. Sono stati profondamente coinvolgenti poi l’elfo Elrond (con Robert Aramayo che riprende il ruolo del carismatico Hugo Weaving) e il re nanico Durin IV (Owain Arthur), di cui si è esaltato il legame di fratellanza. Una nota di apprezzamento infine per la colonna sonora composta da Bear McCreary che ha esaltato in più occasioni i momenti di epicità e dramma all’interno degli episodi della serie.


Le considerazioni finali di Ruggero Carlo Giannini

Senza mezzi termini, credo fermamente che Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere si sia rivelato come uno dei programmi più rivoluzionari nella storia della televisione: la serie televisiva prodotta da Amazon è riuscita brillantemente nell’impresa di intrecciare con sapienza ed equilibrio le diverse storyline dei personaggi combinando a essa un comparto tecnico di qualità inaudita e una sublime colonna sonora.

Sebbene vada evidenziata un’eccessiva forzatura di alcuni elementi fondamentali all’interno della vasta mitologia delle opere letterarie di Tolkien (al limite di un vero e proprio stravolgimento) da parte degli sceneggiatori della serie, Gli Anelli del Potere riesce comunque a risultare perfettamente fruibile sia per i conoscitori e gli appassionati del mondo della Terra di Mezzo sia per chi si immerge nel mondo di Tolkien per la prima volta.
In attesa dell’arrivo della seconda stagione, il primo grande atto della guerra tra gli eroi e i malvagi della Terra di Mezzo si può considerare decisamente soddisfacente.


Cinque motivi per considerarlo…Promosso

(a cura di Ruggero Carlo Giannini)

Il comparto tecnico della serie ha una qualità cinematografica

La narrazione è lenta, ma coinvolgente

I personaggi sono ben caratterizzati

La serie approfondisce la mitologia dei popoli dell’universo immaginario di Tolkien

La colonna sonora di Bear McCreary dona alla serie dei toni epici e solenni

Informazioni sull'autore

Nato a Roma nel 2005, è uno studente che frequenta il liceo classico tradizionale.
Noto tra gli amici semplicemente come “Ruggo”, all’età di sedici anni viene attirato dalla realtà del giornalismo e inizia a pubblicare articoli che interessano il settore dell’intrattenimento.

La sua passione per la recitazione e il doppiaggio lo spinge a iscriversi per un provino all’Accademia del Doppiaggio, dove viene selezionato tra i candidati più idonei alla partecipazione di un corso pluriennale.
Il suo sogno nel cassetto? Diventare un doppiatore professionista.

Avido lettore dei fumetti della Marvel e accanito divoratore di serie televisive, nutre un grande amore per il cinema e verso la Settima Arte non esistono confini di alcun tipo: si va dal cinema d’autore e quello indipendente fino ai prodotti più mainstream.

Tra le altre sue passioni, inoltre, adora i videogiochi e il potersi cimentare nei giochi da tavolo e in quelli di ruolo, oltre all’astronomia e – da ultima – la passione per la buona tavola.
Quest’ultima è stata alimentata nel corso degli anni grazie all’approccio alle culture culinarie di diversi paesi (dalla Spagna alla Grecia, passando per la cucina asiatica e quella dell’America Latina, senza dimenticare le prelibatezze regionali del nostro Paese).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *