Grande successo per le Scuderie del Quirinale che nei giorni scorsi hanno polarizzato l’attenzione della stampa e della cittadinanza romana con l’inaugurazione, lo scorso 15 dicembre, della loro nuova esposizione “Arte Liberata 1937-1947 – Capolavori salvati dalla guerra”.
Organizzata con la collaborazione della Galleria Nazionale delle Marche, dell’ICCD (Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione) e dell’Archivio Storico Istituto Luce di Cinecittà, la mostra consentirà al pubblico di fruire, fino al prossimo 10 aprile, di una variegata selezione di opere artistiche che sono state tratte in salvo dalla brutalità delle operazioni belliche avvenute nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
L’inaugurazione ha visto anche la partecipazione della nostra associazione che è riuscita nell’intento di raccogliere le dichiarazioni di alcuni tra gli organizzatori dell’evento per fornire ai propri lettori un’accurata panoramica sulla mostra.
Un rievocativo “viaggio nel tempo” – L’intervento di Gianluca Scroccu
A fornire un’idea più chiara riguardo l’importanza dell’esposizione è stato l’intervento di Gianluca Scroccu, professore associato in Storia Contemporanea presso il Dipartimento di Storia, Beni Culturali e Territorio dell’Università degli Studi di Cagliari, nonché collaboratore delle Scuderie del Quirinale. Parlando ai nostri microfoni, il professor Scroccu ha descritto in questo modo l’idea dell’esposizione artistica:
“È una mostra che mira a mostrare al pubblico le modalità in cui si è svolta l’opera di messa in sicurezza di quello che è il più importante patrimonio artistico a livello mondiale, conservatosi in Italia in un momento pieno di fortissime difficoltà, quello della seconda guerra mondiale, precisamente nel periodo a cavallo tra l’inizio delle ostilità e la fase del conflitto.
Un viaggio nel tempo che rievoca il tentativo di salvataggio di opere inestimabili dalla violenza dei bombardamenti.”
Nel suo discorso, Scroccu si è poi soffermato sulla centralità che allora ebbero modo di rivestire i funzionari del Ministero della Cultura Popolare – i c.d. “Soprintendenti” – nell’operazione di salvaguardia dei reperti.
“In questo senso, è stato centrale il ruolo dei Soprintendenti, persone che operavano all’interno del regime totalitario del fascismo, pur non condividendone l’ideologia, come parte del personale nei musei e nelle sovrintendenze. Con l’incombenza del conflitto, i Soprintendenti attuarono un’operazione di catalogazione e messa in sicurezza delle opere, spostandole in luoghi sicuri per evitare che venissero distrutte dai bombardamenti.
Dopo la caduta del fascismo e il conseguente armistizio con gli Alleati, grazie all’operazione da loro condotta, molti capolavori vennero sottratti dalla furia dei nazisti che erano intenzionati ad impossessarsene per un duplice fine: da una parte punire gli italiani per il loro tradimento, dall’altra soddisfare il sentimento di appropriazione del loro leader, Adolf Hitler”.
“La mostra – ha concluso Scroccu – rappresenta quindi un viaggio che parte dalla fine degli Anni Trenta e racconta come molte di queste opere siano state recuperate dai funzionari presso alcuni collezionisti in Germania per riportarle nei nostri musei, a disposizione della collettività”.
Un “dietro le quinte” della mostra con Chiara Guerraggio
All’intervento del professor Scroccu, è seguito quello della responsabile dell’Ufficio Marketing e Comunicazione delle Scuderie del Quirinale, Chiara Guerraggio, che con grande disponibilità si è offerta di rispondere alle nostre domande.
Come è nata l’idea di istituire una mostra dedicata alle opere artistiche recuperate nel periodo della Seconda Guerra Mondiale?
Si tratta di una storia finora mai raccontata con la completezza con la quale le hanno affrontate le Scuderie del Quirinale, una storia che volevamo raccontare da tantissimo tempo e ne abbiamo avuto ora l’occasione grazie alla generosità dei tanti prestatori, alla bravura e alla tenacia dei curatori Luigi Gallo e Raffaella Morselli. Non è mai stata raccontata in questo modo e sentivamo il dovere civico di doverlo fare noi.
Secondo lei, quali sono le opere che incarnano appieno lo spirito di questa rappresentazione. Potrebbe fornirci qualche esempio?
Potrei rispondere citandone diverse: il Discobolo Lancellotti, i Cerbiatti di Ercolano, la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca, la Santa Palazia del Guercino, gli arazzi e le ceramiche di Pesaro. Sono tutte opere che abbiamo strappato alla rovina e che incarnano la nostra memoria, il nostro passato, la nostra storia. Averne impedito la perdita o il furto è stato un atto eroico.
Nel corso della guerra, tutti questi capolavori sono stati oggetto di spostamenti per evitarne la distruzione. Potrebbe descriverei i metodi con cui sono stati recuperati?
Alcuni pezzi come quelli nascosti in luoghi come Carpegna, Urbino, Montecassino, il monastero di Santa Scolastica a Subiaco sono stati salvati tra la fine del 1943 e l’inizio del 1944 e portati in Vaticano, con quest’ultimo che ha accettato di prendersi cura del nostro patrimonio artistico.
Altri sono stati portati in salvo durante la guerra, altri ancora sono stati recuperati dopo la sua conclusione, basti pensare al Discobolo Lancellotti e ai Cerbiatti di Ercolano. Sono stati recuperati grazie al prezioso contributo fornito dal critico d’arte, nonché agente segreto, Rodolfo Siviero e all’intervento dei c.d. “Monuments Men”.
Ci fu poi un lungo processo di trattative per la restituzione dei pezzi portati al di fuori del territorio italiano: l’Italia è uscita sconfitta dalla guerra, ha firmato una resa incondizionata, quindi aveva ben poche pretese. Non è stato facile provare che molte di queste opere ci erano state sottratte con l’inganno e trattate come un “bottino di guerra” da parte dei nazisti.
Quali tipologie di tecniche sono state applicate sulle opere durante la fase di restauro?
Ogni opera ha dovuto subire un intervento di restauro differente, a seconda del danno subito.
È importante sottolineare come, nonostante l’imponente mole di pezzi, gli interventi di recupero siano andati bene. Nessuna opera è stata danneggiata in maniera così importante da pregiudicarne la bellezza.
Cosa ne pensa dell’impatto che eventi culturali di questo tipo potrebbero avere sui giovani?
La mia speranza è che tanti giovani vengano a vedere questa mostra per appropriarsi di una storia che li riguarda.
È una storia che parla sia agli adulti che ai più giovani. Spero che questi ultimi conoscano la dedizione, l’altruismo e il coraggio delle persone che li hanno preceduti, persone che hanno compiuto il proprio dovere con generosità nei confronti del paese e delle generazioni future, con un comportamento civico di cui oggi sentiamo un po’ la necessità e la mancanza.