Cinema

Denis Villeneuve esalta l’Epica fantascientifica di Dune

“Dune : Parte Due” di Denis Villeneuve (Stati Uniti d’America, Canada, 2024) Fonte immagine: Dune Movie/Facebook

Lo si può dire con certezza, Denis Villeneuve ci è riuscito…”di nuovo”: a distanza di tre anni dall’uscita del primo lungometraggio del regista canadese basato sul mondo letterario di Frank Herbert e dopo la conclusione del lungo stallo tra le grandi case cinematografiche di Hollywood e i sindacati degli sceneggiatori e degli attori (che – de facto – ha bloccato per mesi il cinema statunitense), “Dune – Parte Due” mantiene salda la rotta assolutamente positiva tracciata e intrapresa dal suo predecessore (vincitore di sei premi Oscar nelle categorie tecniche nel 2021) e rappresenta un altro grande successo per Villeneuve, l’ennesimo della sua carriera da cineasta.

Il film, uscito ieri nelle sale italiane in anticipo rispetto all’uscita internazionale prevista per domani, ha catturato l’immaginario del pubblico nostrano, coinvolgendolo per quasi tre ore in una storia che si conferma essere ricca di strati e substrati di comprensione del vasto materiale narrativo pensato e immaginato negli anni Sessanta da Frank Herbert.
Un’impresa non da poco, tenendo conto del fatto che si sta parlando della saga letteraria di Dune, uno dei romanzi più importanti e d’impatto nella storia della letteratura fantascientifica (e non solo) e che da sempre – a livello culturale nonché cinematografico – ha rappresentato una fondamentale fonte d’ispirazione creativa. Ancora una volta Denis Villeneuve è riuscito ad affrontare questo “totem letterario” e ad offrire al pubblico una sua personale interpretazione dello stesso, in grado – al contempo – di essere molto fedele rispetto alla ricchezza e alla profondità narrativa degli scritti di Frank Herbert, al punto da avere ottenuto il plauso (e una sorta di “benedizione”, verrebbe da dire) del figlio, Brian Herbert, che sui social media ha definito le due pellicole dirette del regista come “la migliore trasposizione cinematografica di Dune mai realizzata”.

Ma senza ulteriori indugi rispetto a dichiarazioni che potrebbero lasciare esterrefatta la figura del “Maestro” David Lynch, prendiamo il largo con la nostra immaginazione verso le lande desolate del pianeta Arrakis, nel pieno della guerra tra le Grandi Casate degli Harkonnen e degli Atreides per il controllo della Spezia, in un racconto che – per quanto possibile – farà in modo di NON anticiparvi nulla rispetto alla visione di questa pellicola.


La trama di “Dune – Parte Due”

Riallacciandosi agli eventi descritti in “Dune – Parte Uno” in seguito al tragico arrivo di Paul Atreides (Timothée Chalamet) e della madre Bene Gesserit, Lady Jessica (Rebecca Ferguson), tra le fila della tribù Fremen di Stilgar (Javier Bardem), la seconda parte del racconto descrive e racconta l’inserimento nella vita del popolo Fremen dei due Atreides sopravvissuti al piano di sterminio perpetuato dai rivali Harkonnen guidati dal Barone Vladimir Harkonnen (Stellan Skarsgard).

Mentre col tempo Paul dimostra con forza la propria lealtà e valore ai Fremen di Stilgar, assumendo i nomi di Muad’Dib e Usul e legando con la forte guerriera Chani (interpretata da Zendaya), e mentre Lady Jessica viene scelta come nuova Reverenda Madre dei Fremen, vengono alla luce nuovi intrighi orditi tanto dagli Harkonnen per ottenere il controllo totale della produzione della Spezia su Arrakis quanto – in una più ampia lotta per il potere intergalattico – dall’Imperatore Shaddam IV Corrino (Christopher Walken) e dalla stessa Sorellanza delle Bene Gesserit.
Nello scenario generale, inoltre, tra i Fremen si alimentano con forza le profezie sulla venuta del nuovo Mahdi, in grado di guidare il popolo verso il Paradiso Verde.


“Chi ha il potere sulla spezia ha il potere su tutto – Arrakis come centro dell’universo (e della narrazione cinematografica)

In apertura del film, prima ancora dei loghi delle case cinematografiche e dei produttori della pellicola, una voce possente e distorta rimbomba nella sala a luci spente e sul grande schermo i sottotitoli riportano citata questa frase, una frase che da subito pone grande enfasi nello spettatore sui fatti di “Dune-Parte Uno” e sul mélange (o Spezia), la potente risorsa del pianeta Arrakis nonché una delle risorse dal valore inestimabile (al pari dell’acqua) del mondo descritto da Herbert, più potente dell’oro e dei metalli.

Nel corso delle due ore e quarantacinque minuti di durata del film, la Spezia assume un ruolo molto importante nello sviluppo della trama e del racconto cinematografico riguardo l’ascesa di Paul Atreides alla guida dei Fremen, e fa comprendere come la lotta per il suo controllo sia spietata, brutale e senza alcuna esclusione di colpi, una lotta in cui l’idea di “Potere” si mostra concettualmente nella sua forma più devastante e oscura allo stesso tempo, con delle sfumature e dei richiami che possono risultare profondamente attuali tanto per chi scrive quanto per un pubblico più variegato.

In questa pellicola, che “conclude” concettualmente il racconto narrativo del primo libro della saga di “Dune” uscito nel 1965, Villeneuve approfondisce le bieche trame messe in atto dallo “status-quo herbertiano” (casate nobiliari e ordini politici) per il potere, dalla sua autoconservazione alla sua espansione a discapito di qualsivoglia rivale da eliminare e rimuovere senza alcun ripensamento e, come si è potuto osservare durante la visione, anche con un certo godimento perverso.
Un contesto nel quale
i calcoli politici e di potere non risparmiano nessuno tra i personaggi principali della storia che “voracemente” ruotano tutti attorno al pianeta Arrakis: il protagonista, Paul Atreides, emerge in questo secondo capitolo nella sua profonda complessità e si sviluppa nel suo potenziale trasformandosi dalla figura giovane, prediletta e al contempo incompresa del padre Leto Atreides (interpretato nel primo Dune da Oscar Isaac) a quella di un uomo che – obtorto collo – raggiunge la propria maturità e fa proprio il destino che lo attende…o quello che gli è stato cucito attorno da forze più grandi di lui.

Lo stesso Imperatore Shaddam IV è fautore e vittima di intrighi e trame per il potere, sia per l’ardito complotto che aveva rimosso il Duca Atreides sia nel progetto immaginato dal Barone Harkonnen per l’ascesa al potere imperiale del sadico nipote Feyd-Rautha (da segnalare, a riguardo, la notevole interpretazione di Austin Butler), così come lo stesso rampollo sanguinario della Casata Harkonnen diventa un mero “instrumentum regni” per la Sorellanza delle Bene Gesserit, un mezzo per raggiungere il proprio scopo grazie al ruolo giocato da un’altra adepta, Lady Margot Fenring (Lea Seydoux) mentre valutano gli scenari e le variabili legate agli Atreides.
Ogni protagonista di questa grande storia
si ritrova così ad essere artefice e pedina di intrighi e trame di potere ben più grandi di loro all’interno del palcoscenico – metaforicamente parlando ma non troppo – che diventa il pianeta semi desertico di Arrakis, e in questo si può ritrovare davvero tanto rispetto all’Epica classica, che Denis Villeneuve esalta maestosamente in questa trasposizione cinematografica capace di onorare tanto il mondo letterario di Herbert quanto i riferimenti della classicità greca grazie anche a una cura maniacale del dettaglio: dai grandi sforzi per la sua realizzazione (tre anni richiesti tra lo sviluppo della sceneggiatura e le riprese) ai contributi della parte tecnica già precedentemente menzionati e premiati nel 2021 con sei Premi Oscar passando per la solenne e maestosa colonna sonora composta da Hans Zimmer, capace di donare ulteriore potenza alle immagini di una pellicola già travolgente di suo.

Ma “Dune-Parte Due” non si limita soltanto a quanto riportato: Villeneuve infatti arriva, nel suo personale viaggio all’interno del mondo di Herbert, a esplorare anche i legami e vincoli che il potere può segnare nella religione (aspetto evidenziato con grande attenzione nel racconto cinematografico) e in come quest’ultima – in alcuni casi – possa degenerare nell’idolatria e nel più cieco zelotismo, capace di muovere masse e moltitudini fino al sacrificio più estremo.
In questo senso il linguaggio simbolico si conferma molto accentuato come nel caso del primo film, e il montaggio delle sequenze del film coinvolge lo spettatore dall’inizio alla fine della proiezione al punto che persino i silenzi, che con maestria si amalgamano con il racconto, sono di grande eloquenza e assumono una potenza scenica devastante.


L’unica nota dolente – Il ruolo inespresso di Zendaya 

In una produzione così colossale come quella che si osserva in “Dune-Parte Due” emerge con maggior evidenza quello che già nel primo film del 2021 appariva essere un grande interrogativo: nel cast di grandissimo valore scelto dal regista canadese e che ha visto emergere il grande talento di Timothée Chalamet e Rebecca Ferguson, la figura di Chani interpretata dall’attrice statunitense Zendaya risulta l’unico anello debole di tutto il racconto.

La giovane attrice si confronta con un ruolo così rilevante nel racconto di Herbert con una evidente rigidità e inespressività interpretativa, che si nota in maniera palpabile in seguito alla visione del film. La questione risulta anche curiosa considerando anche come il ruolo della guerriera Fremen venga arricchito di significato nella trasposizione di Villeneuve: è difficile non notare infatti come, nella versione del regista canadese, Chani sia una figura che ha molti spunti legati alla contemporaneità, quelli di una figura femminile forte e indipendente, che mette in dubbio – nel nome della propria ragione- le “isterie” di un certo fanatismo religioso.
Eppure, nonostante tutte queste premesse e con un ruolo così importante delineato, la sua presenza risulta
davvero marginale rispetto al resto del cast, al punto che persino la figura brevemente accentuata in questo film del Barone Rabban Harkonnen (Dave Bautista) risulta essere più pregnante nelle sequenze in cui è coinvolto (e in cui ha poche, davvero poche battute da recitare) rispetto all’insieme del contributo offerto dall’attrice.

La speranza, per chi scrive, è che queste critiche possano essere smentite con gli interessi in quello che sarà il capitolo finale della “Trilogia di Dune” per Denis Villeneuve.


L’attesa per il capitolo finale di Villeneuve

A sorpresa, rispetto a quanto mi era parso di capire, la storia di Dune non si concluderà con questo film ma – almeno per quanto riguarda lo stesso Denis Villeneuve – dovrebbe raggiungere il suo epilogo con un terzo e ultimo atto: “Dune: Messia”, che dovrebbe proprio ripercorrere gli eventi del secondo libro di Frank Herbert “Il Messia di Dune”.

Quasi certamente ci vorrà molto tempo prima di vederlo approdare nelle sale, ma in attesa di quello che sarà l’atto conclusivo per Villeneuve così come ha ribadito in varie occasioni, ciò che rimane agli spettatori al termine della visione di “Dune – Parte Due” è un lavoro che lascia estasiati e coinvolti nel racconto e nel viaggio fantastico che Villeneuve ha fatto fare tra le magiche atmosfere di Arrakis, tra le guerre tra le Grandi Casate e la lotta per la Spezia, attraverso gli intrighi e le trame oscure, ma anche l’azione adrenanilica e coinvolgente della “rinascita” di Paul Atreides, in una pellicola davvero elettrizzante in cui sono presenti ben poche sbavature a fronte di un risultato finale davvero soddisfacente.

Consigliato? Sì, da vedere assolutamente…al cinema, per poterlo godere appieno!


(NdR: salvo dove indicato diversamente, la copertina dell’articolo e le immagini presenti sono state create dalla Redazione per l’Associazione Culturale “ReAct360” con l’utilizzo dei software di creazione immagini IA di Canva [Magic Studio™] su input testuali dell’autore del presente articolo)

Informazioni sull'autore

Nato a Roma nel 1992, è uno studente laureando nel corso di Laurea Magistrale in Relazioni Internazionali presso l'Università "La Sapienza" di Roma.

Le passioni per la scrittura e per il mondo del giornalismo lo seguono da quando era ragazzo, confluendo in vari progetti nei quali ha accumulato esperienze e conoscenze: dagli anni dei giornali liceali fino all'inizio degli studi universitari, con il coinvolgimento attivo in una web-radio amatoriale in cui in due anni provvede a creare palinsesti, programmi e contenuti radiofonici dedicati alla musica, ma soprattutto alla promozione della musica emergente nella scena underground romana.

Dopo la laurea triennale in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali conseguita nel 2015, nel 2017 torna a scrivere in un progetto editoriale nazionale che lo vede ancora oggi coinvolto. Infine, dopo un'ulteriore esperienza triennale in un progetto associativo nel quale ha avuto modo di organizzare da remoto numerosi eventi e conferenze dedicate all'approfondimento del mondo della geopolitica, contribuisce alla fondazione del progetto portato avanti da ReAct360.

Travolto da mille passioni e interessi, cerca ogni giorno di mantenere fede alla ricerca e al lavoro costante verso la conoscenza in tutto quello che lo circonda, non accontentandosi di una sola faccia della medaglia e dedicandosi a osservare il quotidiano con senso critico, in modo da poter formare una propria opinione.

Amante dell'Irlanda, della buona musica e della Storia, trova maggiore ispirazione nella scrittura durante le ore notturne, con un album musicale di sottofondo.

Per ReAct360 si occupa della scrittura di articoli, ma anche della revisione di bozze e comunicati stampa, oltre alla gestione del sito e al suo continuo ampliamento.

Il suo motto? "Credi in te stesso e fai in modo che i tuoi sogni diventino realtà".
Il suo mantra? Vivere la vita "in direzione ostinata e contraria".

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *