Cinema

IRISH FILM FESTA 2022 – Terza giornata nordirlandese con “Young Plato” e “Nightride”

Una panoramica tra passato, presente e il futuro dell’Irlanda del Nord

La terza giornata dell’edizione estiva dell’IRISH FILM FESTA 2022 da poco conclusasi è stata dedicata all’Irlanda del Nord e alle sue produzioni cinematografiche.
Un scorcio sul cinema nordirlandese, nella cinque giorni di questo evento, che si concluderà nella giornata di Sabato 23 luglio, con la proiezione dell’ultimo lungometraggio
“made in Northern Ireland”. Il filo conduttore primario dei due giorni del programma è quello relativo alla rilettura contemporanea dei c.d. Troubles, il periodo storico che vide il violento esacerbarsi del conflitto tra la comunità cattolica e repubblicana irlandese con quella protestante e unionista legata al Regno Unito.

A distanza di oltre ventiquattro anni dalla firma degli Accordi del Venerdì Santo che posero fine alle ostilità, perlomeno in maniera ufficiale, nei territori dell’Ulster, il cinema rappresenta un modo per descrivere e raccontare la realtà di questa parte d’Irlanda, nella quale le due comunità – volenti o nolenti – hanno col tempo dovuto provare a trovare una soluzione per convivere nello stesso territorio.

La memoria storica che vive e si trasmette di generazione in generazione, da entrambi i fronti (anche in quelle comunità profondamente ostili agli Accordi, mai riconosciuti come legittimi). Il ricordo che arde nella popolazione e che porta a rivendicare la propria appartenenza alla visione di un ricongiungimento con l’Éire o a quella di una parte integrante del Regno Unito. E poi, una terza strada, quella di una generazione di persone che ha ereditato quanto avvenuto nel passato ma che cerca al contempo una soluzione comune: convivere con l’altro seppellendo il dolore e il trauma della guerra civile per un futuro nuovo, un futuro migliore.

Un percorso che senza ombra di dubbio è molto arduo e irto di difficoltà, data la profonda complessità della situazione socio-politica nell’Irlanda del Nord post-Troubles e alle prese con gli effetti della Brexit: l’Ulster sta infatti vivendo un importante cambiamento demografico, con la comunità irlandese che sta prendendo il largo rispetto a quella filo-britannica.
Una variabile concretizzatasi anche in occasione delle recenti elezioni nordirlandesi, dove per la prima volta i nazionalisti dello
Sinn Féin hanno ottenuto la maggioranza nell’Assemblea di Stormont, superando il partito unionista DUP e aumentando sensibilmente le possibilità di indire un referendum per la riunificazione dell’Irlanda del Nord con Dublino (#UnityRef).

Eppure, nonostante tutto, nel corso degli anni la prospettiva di una convivenza pacifica tra le due realtà è riuscita a farsi largo attraverso la cultura, l’arte e le sue forme di espressione (tra le quali il cinema) che gradualmente contribuiscono a scavare un varco, come l’acqua che erode la roccia, goccia dopo goccia.
In questo senso, storie come quella raccontata nel primo documentario nordirlandese presentato ieri sera nella proiezione delle 19:00 alla Casa del Cinema di Villa Borghese aiutano a rileggere i Troubles in una chiave propositiva e proiettata al futuro, attraverso il ruolo fondamentale dell’istruzione scolastica e – in aggiunta – della filosofia, insegnata attraverso un metodo curioso ma alquanto efficace. Questi sono i temi portanti di Young Plato, diretto dai registi Declan McGrath e Neasa Ní Chianáin.

La Sala Deluxe della Casa del Cinema di Villa Borghese.

Leggere i Troubles con il potere della cultura e…della filosofia – Alla Sala Deluxe il film Young Plato

La prima proiezione è stata preceduta da una breve intervista della direttrice artistica dell’IRISH FILM FESTA Susanna Pellis a una delle due firme alla regia del documentario, Neasa Ní Chianáin (presente in sala insieme al produttore della Soilsiú Films, David Rane) con la quale ha voluto presentare la pellicola al pubblico e approfondire alcuni temi legati alla storia vera documentata nel loro film.

L’intervista per la presentazione di Young Plato.
Da sinistra verso destra, il produttore David Rane, Claudia Colin, la regista Neasa Ní Chianáin e la direttrice dell’IRISH FILM FESTA Susanna Pellis

I due ospiti hanno così illustrato le origini della storia, suggerita loro dall’altro co-regista Declan McGrath (nativo di Belfast) dopo la visione di un suo precedente lavoro intitolato School Life (2016). Anche in quel caso infatti, il tema centrale era l’insegnamento della filosofia, che ha spinto il regista nordirlandese a voler raccontare la storia di un istituto cattolico di Ardoyne, nella periferia nord di Belfast, dove un preside stava adottando un metodo originale per insegnare la filosofia a giovanissimi studenti (di età compresa tra i quattro e i dieci anni).

Una storia che ha convinto tutti e portato all’inizio delle riprese nell’autunno del 2019 con la prospettiva iniziale di seguire l’intero anno scolastico dell’istituto (l’inizio della pandemia di COVID-19 e le serrate governative hanno costretto a delle modifiche).
Sia la regista che il produttore David Rane hanno voluto evidenziare il fatto che i due registi abbiano voluto “registrare” i fatti nel modo più autentico e genuino possibile, un richiamo netto alla funzione sociale del “cinema verità”, come ribadito dal produttore del film
(“Molte volte ci hanno chiesto se i ragazzi [i bambini della scuola, NdA] stessero recitando o se li avessimo ingaggiati, ma non è così. Loro, semplicemente, vivono la loro vita e il regista “registra” la loro storia”).

La ricerca della spontaneità delle riprese, senza artifici e forzature (nessuna sceneggiatura con battute da far recitare), è stata descritta anche dalla regista Neasa Ní Chianáin, che ha aggiunto come l’istituto scolastico – e soprattutto le famiglie degli studenti – siano state nel complesso molto disponibili e fiduciosi nel far entrare le cineprese nella loro comunità.
“Sono stati pochi i docenti che non hanno voluto farsi riprendere.”, ha detto la Ní Chianáin, “Chiaramente, come nel caso dei docenti, anche alcune famiglie tra gli alunni. Alcuni genitori si sono rifiutati, ma avendo questa scuola 430 alunni, la maggior parte di loro è stata molto contenta di cooperare.).

Young Plato di Declan McGrath e Neasa Ní Chianáin (Éire e Irlanda del Nord, 2021) Fonte immagine : Creative Europe Ire (@CEDIrelandMEDIA)/ Twitter

Parlando del documentario, Young Plato si concentra nell’osservare la vita all’interno dell’Holy Cross Boys Primary School di Ardoyne, zona fortemente disagiata del territorio di Belfast, in cui la popolazione residente vede nella scuola un luogo in grado di dare un’istruzione e un’educazione ricca di valori per i propri figli, nel tentativo di proteggerli da un’ambiente martoriato dalle piaghe dello spaccio di droga, della piccola criminalità e della povertà.
Ma Ardoyne – e la scuola ripresa dal documentario – non è soltanto questo: entrambe rappresentano infatti uno degli ultimi atti della fase più violenta dei
Troubles, teatro tra il 2001 e il 2002 di violentissimi scontri davanti all’ingresso della scuola tra la comunità protestante (e le sue formazioni paramilitari) e quella cattolica. Eventi drammatici che traumatizzarono una generazione di giovani studenti.

Eppure, in questa situazione Kevin McArevey, il Preside di questa scuola, cerca di tenere alta la fiamma della cultura e della conoscenza a illuminare il quartiere della scuola e della sua comunità, una vera e propria missione per la formazione delle menti e degli animi di domani. Una missione che porta avanti soprattutto attraverso la filosofia, che insegna ai bambini con l’aiuto degli altri docenti (a loro volta allievi) in un modo comprensibile, capace di poter instillare loro il pensiero dei grandi pensatori della storia in maniera comprensibile e, soprattutto, fruibile.
Le riprese ci portano a vivere il quotidiano di questa scuola e anche dello stesso preside che mostra alle telecamere anche il suo lato umano (la sua grandissima passione per Elvis Presley, il suo tempo libero con gli allenamenti in palestra), ma soprattutto il suo ruolo pedagogico all’interno della comunità locale, come punto di riferimento per gli alunni e per le loro famiglie, come i vecchi maestri di una volta.

I metodi del preside funzionano, anche piuttosto bene: i giovani studenti, attraverso una didattica vicina a loro e non percepita come una montagna insormontabile, vengono infatti stimolati continuamente a porsi domande sulla realtà che li circonda, ma soprattutto a migliorare loro stessi nei rapporti con le persone e con i loro amici, trovando anche nell’errore un’opportunità per crescere.

Una storia positiva anche per la stessa comunità di Ardoyne, nella contrapposizione tra le immagini del passato (la violenza e gli scontri settari) e quelle del futuro (le nuove generazioni che auspicano la pace tra cattolici e protestanti), e che quindi è solo da apprezzare all’occhio di uno spettatore dell’IRISH FILM FESTA che, magari, è anche molto sensibile alle dinamiche in atto nell’Irlanda del Nord.
Se si dovesse individuare una piccola sbavatura in un lavoro nel complesso molto positivo, si potrebbe osservare una certa ripetitività, durante la visione del documentario, nel riprendere alcune dinamiche tra gli alunni della scuola e i metodi approcciati dal corpo docente, oltre che dallo stesso Preside, per individuare i problemi e trovare soluzioni positive per lo sviluppo del carattere dei bambini.
Nel complesso, un’osservazione che non cambia il giudizio decisamente positivo per un documentario che racconta una bella storia vera e dal grande significato.


La premiere nazionale di Nightride è un autentico successo

Il regista di Nightride, Stephen Fingleton, insieme alla direttrice artistica dell’IRISH FILM FESTA Susanna Pellis

Si arriva quindi alla proiezione conclusiva della serata, l’anteprima italiana del film di Stephen Fingleton Nightride (2021) che, specifichiamo da subito, è stata davvero strepitosa. . Il regista nordirlandese aveva già avuto modo di partecipare a precedenti edizioni della rassegna come nel 2016, con la sua pellicola d’esordio alla regia The Survivalist (2015).
In quell’occasione, sfortunatamente, non venne accolta positivamente da chi scrive, ma a distanza di sei anni da quella visione, non ho dubbi nel rivalutare del tutto il suo lavoro:
Nightride è infatti un autentico successo.
La sua pellicola è l’unione di un’idea di per sè semplice ma assolutamente efficace, combinata a una eccellente capacità tecnica, a un cast di prim’ordine e una colonna sonora azzeccatissima che rendono del tutto piacevole e avvincente la visione di questa pellicola, tenendo lo spettatore incollato alla sedia dall’inizio alla fine.
In parole povere, una piacevolissima risposta ai dubbi sorti di recente circa opere di grandi produzioni internazionali portatrici di tante idee abbandonate del tutto a loro stesse.

In primo luogo, di Nightride si apprezza enormemente il comparto tecnico e la sua qualità estetica: un lavoro pulito e essenziale che in questo caso ha un senso dannatamente logico e con un risultato vincente. Un unico piano sequenza (o almeno, molto vicino ad essere tale) di poco più di un’ora e mezza realizzato con una sola cinepresa, caricata a mano o montata on board sulla vettura guidata, tra le strade di Belfast, dall’attore protagonista della pellicola, l’attore Moe Dunford (un altro volto assai noto al pubblico romano della FESTA). Il tutto girato in formula continua nel giro di una notte, in tutta la sua spontaneità come visto anche in una specifica scena “improvvisata” del film, con il controllo della vettura di Dunford (quello invece, era vero) da parte di un agente di polizia.

Nightride di Stephen Fingleton (Irlanda del Nord,2021)

Nightride è adrenalina allo stato puro, una corsa contro il tempo scandita in modo serrato che mantiene sempre alta l’attenzione e il coinvolgimento dello spettatore davanti allo schermo.
La pellicola comincia con un’inquadratura su dei tarocchi disposti su un tavolo e la voce di una donna ucraina,
Sophia (Joana Ribeiro), che legge il destino delle carte a Budge (Moe Dunford) mentre è in procinto di uscire dalla sua abitazione per svolgere un’ultima, delicata missione: smerciare una partita di 50 kg di droga, l’ultima consegna della sua carriera da narcotrafficante prima di dedicarsi a una nuova vita nella legalità.
La consegna ha una scadenza:
tutto deve essere ultimato prima delle 11:30 pm.
Il tempo, come detto, è fondamentale e un enorme timer sullo schermo parte non appena Dunford sale nella sua vettura. Nel corso del viaggio, emergono altri elementi di un piano organizzato in tutto e per tutto: scopriamo infatti, con le sole voci delle telefonate del protagonista, i partner del crimine di Budge, il suo socio in affari “legittimi” con cui vuole aprire un’autofficina, un piccolo spacciatore che acquista droga da Budge e lo strozzino del quartiere Joe (interpretato da una leggenda del cinema irlandese come Stephen Rea) che ha anticipato una importante somma che il protagonista deve restituirgli con gli interessi (i proventi della vendita di droga) entro la mezzanotte.
Ma nel tragitto, quando tutto sembra procedere alla perfezione, avviene un imprevisto: il protagonista crede
che qualcuno lo stia pedinando. Budge quindi si ritrova costretto a cambiare in tempo immediato i piani organizzati così nel dettaglio, senza sapere che quell’imprevisto è soltanto il primo di una serie concatenata di eventi che faranno precipitare il piano originario.

Uno stravolgimento che metterà a serio rischio la vita di Budge, la cui sfortuna sembra non concedergli tregua nel momento in cui si scopre che l’uomo che lo stava pedinando era proprio uno scagnozzo di Joe lo strozzino.
Posto dinanzi a una scelta drastica per la propria sopravvivenza, il protagonista accetta di scambiare la propria salvezza con un’ulteriore missione da eseguire: l’omicidio di Scholar, il piccolo spacciatore, per dare un segnale al territorio per conto di Joe. L’omicidio su commissione mette a durissima prova la tempra di Budge, costretto ad agire per salvare se stesso…salvo colpi di scena.

Non c’è molto altro da aggiungere: straconsigliato!

 

Informazioni sull'autore

Nato a Roma nel 1992, è uno studente laureando nel corso di Laurea Magistrale in Relazioni Internazionali presso l'Università "La Sapienza" di Roma.

Le passioni per la scrittura e per il mondo del giornalismo lo seguono da quando era ragazzo, confluendo in vari progetti nei quali ha accumulato esperienze e conoscenze: dagli anni dei giornali liceali fino all'inizio degli studi universitari, con il coinvolgimento attivo in una web-radio amatoriale in cui in due anni provvede a creare palinsesti, programmi e contenuti radiofonici dedicati alla musica, ma soprattutto alla promozione della musica emergente nella scena underground romana.

Dopo la laurea triennale in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali conseguita nel 2015, nel 2017 torna a scrivere in un progetto editoriale nazionale che lo vede ancora oggi coinvolto. Infine, dopo un'ulteriore esperienza triennale in un progetto associativo nel quale ha avuto modo di organizzare da remoto numerosi eventi e conferenze dedicate all'approfondimento del mondo della geopolitica, contribuisce alla fondazione del progetto portato avanti da ReAct360.

Travolto da mille passioni e interessi, cerca ogni giorno di mantenere fede alla ricerca e al lavoro costante verso la conoscenza in tutto quello che lo circonda, non accontentandosi di una sola faccia della medaglia e dedicandosi a osservare il quotidiano con senso critico, in modo da poter formare una propria opinione.

Amante dell'Irlanda, della buona musica e della Storia, trova maggiore ispirazione nella scrittura durante le ore notturne, con un album musicale di sottofondo.

Per ReAct360 si occupa della scrittura di articoli, ma anche della revisione di bozze e comunicati stampa, oltre alla gestione del sito e al suo continuo ampliamento.

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Il suo mantra? Vivere la vita "in direzione ostinata e contraria".

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