Cinema

Everything Everywhere All at Oscar

È passata una settimana da quando il Dolby Theatre di Los Angeles è stato il palcoscenico della cerimonia di premiazione della novantacinquesima edizione degli Academy Awards, un evento che, secondo le stime, ha registrato un incremento di visualizzazioni pari al 13% rispetto alle precedenti edizioni (oltre 18 milioni di spettatori nel solo territorio statunitense). Una crescita negli ascolti da attribuirsi, stando agli esperti del settore, alle candidature di pellicole molto apprezzate tra il pubblico generalista come Top Gun: Maverick e Avatar: La Via dell’Acqua.
Al netto del gran numero di titoli in concorso, la cerimonia ha però visto esclusioni “eccellenti”: tra i progetti snobbati dall’Academy figurano infatti The Banshees of Inisherin interpretata da Colin Farrell e Brendan Gleeson (che si presentava con nove candidature), il biopic Elvis di Baz Luhrmann The Fabelmans di Steven Spielberg. Scarsamente considerati anche il dramma Tár con Cate Blanchett e il film Triangle of Sadness diretto da Robert Östlund.


Un Multiverso di premi per “Everything Everywhere All At Once”

A dominare la serata, sbaragliando del tutto la concorrenza, è stato Everything Everywhere All At Once, la pellicola dei “The Daniels” prodotta dalla A24 che ha conquistato ben sette statuette su undici candidature. Un autentico trionfo per gli attori e le attrici di punta del cast Ke Huy Quan, Michelle Yeoh e Jamie Lee Curtis (nell’ordine, il miglior attore non protagonista, la miglior attrice protagonista e la miglior attrice non protagonista di questa edizione), come per i registi Daniel Kwan e Daniel Scheinert, che ottengono il riconoscimento anche per la miglior sceneggiatura originale, per il miglior film e per il miglior montaggio.
Altro cavallo vincente per la A24 si è rivelato The Whale, l’opera firmata dal regista Darren Aronofsky ha visto l’assegnazione del premio per il miglior trucco, ma soprattutto del “Miglior Attore Protagonista” a Brendan Fraser (in basso, NdR), un momento che sancisce la “rinascita” dell’attore all’interno del mondo dello spettacolo.

Brendan Fraser al Montclair Film Festival 2022 (fotografia di Neil Grabowsky)
Fonte: Montclair Film / Flickr (CC BY 2.0)

Dietro al film diretto dai “The Daniels”, si è posizionato l’adattamento targato Netflix del romanzo Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque: il film diretto da Edward Berger ha ottenuto quattro statuette (Miglior Film Internazionale, Miglior Scenografia, Miglior Fotografia e Miglior Colonna Sonora Originale).
La piattaforma ha ottenuto il prestigioso riconoscimento anche nella categoria dedicata all’animazione con la singolare reinterpretazione della favola di Pinocchio firmata da Guillermo del Toro, oltre che nel reparto dei cortometraggi documentari con Raghu, il piccolo elefante. L’Oscar alla migliore canzone originale è andato a Natu Natu, il singolo composto a quattro mani da Maragadha Mani Keeravani e Chandrabose per il film tollywoodiano RRR.

Spazio nella Notte degli Oscar anche per l’attualità, con un focus di rilievo sulla condizione di miseria e sottomissione delle donne che ha avuto piena espressione nella vittoria di Women Talking, trasposizione cinematografica del romanzo di Miriam Toews a cura di Sarah Polley che ottiene il premio per la migliore sceneggiatura non originale.
Inoltre, nonostante l’assenza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il conflitto russo-ucraino ha comunque attirato su di sé la luce dei riflettori grazie alla vittoria del film Navalny – incentrato sull’omonimo dissidente del regime russo – nella sezione dei documentari.

Arriva il momento di parlare delle note deludenti della serata: a sorpresa infatti, hanno ottenuto scarsi risultati sia il cinecomic Marvel Black Panther: Wakanda Forever (ottiene il premio per i Miglior Costumi ma non la statuetta per la categoria “Miglior Attrice non Protagonista”, nonostante gli applausi unanimi per l’attrice Angela Bassett), che i già citati Top Gun: Maverick e Avatar: La Via dell’Acqua: se da una parte la pellicola con protagonista Tom Cruise ha ottenuto il solo premio per il comparto sonoro, dall’altra il “kolossal” firmato da James Cameron ha vinto soltanto l’Oscar per i migliori effetti visivi.
Il premio per il miglior cortometraggio d’animazione è stato assegnato a Il bambino, la talpa, la volpe e il cavallo, pellicola distribuita a livello internazionale dalla Apple TV+ che, per questa edizione, si è dovuta accontentare di un premio dopo lo straordinario successo di CODAI Segni del Cuore dello scorso anno.

Serata amara infine anche per il nostro Paese, rimasto a bocca asciutta per la mancata vittoria del truccatore Aldo Signoretti (Elvis), ma anche della regista Alice Rohorwacher la cui opera Le Pupille (diretta al fianco di Alfonso Cuarón) è stata ignorata in favore del cortometraggio irlandese An Irish Goodbye (una curiosità: è proprio la pellicola che abbiamo potuto seguire nel corso dell’ultima edizione dell’IRISH FILM FESTA).

Il Dolby Theatre di Los Angeles
Fonte: Greg Hernandez/Flickr (CC BY 2.0)

 

Informazioni sull'autore

Nato a Roma nel 2005, è uno studente che frequenta il liceo classico tradizionale.
Noto tra gli amici semplicemente come “Ruggo”, all’età di sedici anni viene attirato dalla realtà del giornalismo e inizia a pubblicare articoli che interessano il settore dell’intrattenimento.

La sua passione per la recitazione e il doppiaggio lo spinge a iscriversi per un provino all’Accademia del Doppiaggio, dove viene selezionato tra i candidati più idonei alla partecipazione di un corso pluriennale.
Il suo sogno nel cassetto? Diventare un doppiatore professionista.

Avido lettore dei fumetti della Marvel e accanito divoratore di serie televisive, nutre un grande amore per il cinema e verso la Settima Arte non esistono confini di alcun tipo: si va dal cinema d’autore e quello indipendente fino ai prodotti più mainstream.

Tra le altre sue passioni, inoltre, adora i videogiochi e il potersi cimentare nei giochi da tavolo e in quelli di ruolo, oltre all’astronomia e – da ultima – la passione per la buona tavola.
Quest’ultima è stata alimentata nel corso degli anni grazie all’approccio alle culture culinarie di diversi paesi (dalla Spagna alla Grecia, passando per la cucina asiatica e quella dell’America Latina, senza dimenticare le prelibatezze regionali del nostro Paese).

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