Cultura

Il Mercato del Lavoro durante la Quarta Rivoluzione Industriale

Da qualche anno a questa parte, nel parlare della c.d. Quarta Rivoluzione Industriale (indicata anche con la sigla 4IR o con la formula Industria 4.0), si fa riferimento all’attuale fase di sviluppo tecnologico che sta trasformando a livello globale sia il comparto industriale che quello economico, con la convergenza di soluzioni digitali, fisiche e biologiche che stanno ridefinendo i processi produttivi e creando nuove opportunità per l’innovazione.
Il termine è stato coniato nel 2016 dall’economista tedesco Klaus Schwab, fondatore e presidente del World Economic Forum (WEF)[1] nonché autore del saggio The Fourth Industrial Revolution, ma l’inizio effettivo del fenomeno risale a due anni prima, con l’avvento delle smart factories e della gestione online della produzione delle risorse.

Ciò che è certo è che si sta parlando di trasformazione che sta
mutando il modo di vivere dei consumatori a un ritmo molto intenso, con un impatto non dissimile da quello ottenuto con l’invenzione del motore a vapore nel XVIII secolo, che ha permesso l’urbanizzazione di massa e la produzione meccanizzata.
Stando a quanto riportato dal Ministero Italiano dello Sviluppo Economico (MISE), le tecnologie abilitanti della quarta rivoluzione industriale includono l’Intelligenza Artificiale (IA), la robotica avanzata, le soluzioni di Realtà Virtuale (VR), Realtà Aumentata (AR) e Realtà Mixata (XR), la stampa tridimensionale, i sistemi di blockchain, il Quantum Computing, le nanotecnologie e il c.d. Internet of Things (IOT).
Queste tecnologie stanno modificando radicalmente il modo in cui i beni e i servizi vengono concepiti, ma anche quello con cui vengono prodotti e trasportati, focalizzandosi su nuovi paradigmi quali la flessibilità e la personalizzazione del tipo di bene e servizio, quello con cui le aziende si relazionano con i clienti e, da ultimo, il modo in cui la conoscenza viene acquisita e condivisa.


Nuovi Paradigmi di Lavoro

Le industrie manifatturiere e quelle dei servizi hanno sostituito diverse attività ripetitive attraverso l’automazione e creato nuovi modelli imprenditoriali basati sull’utilizzo di dati e algoritmi (si parla nello specifico di data-driven company).

Questi ultimi rappresentano un driver fondamentale della Quarta Rivoluzione Industriale, così come le competenze digitali costituiscono il mezzo per utilizzare al meglio le Tecnologie della Società dell’Informazione (TSI): il cambiamento tecnologico, infatti, consente lo sviluppo di una forza lavoro più qualificata, autonoma e creativa, basata sulla conoscenza.

Il lavoratore di questo tipo viene riconosciuto sotto il termine di knowledge worker, una categoria coniata nel 1959 dall’economista e saggista austro-statunitense Peter F. Drucker all’interno della sua opera The Landmarks of Tomorrow.
Nel suo saggio Drucker descriveva questa figura professionale come una figura di alto profilo in grado di applicare conoscenze teoriche e analitiche acquisite mediante percorsi formativi formali per sviluppare nuovi prodotti e servizi.” [2].
Inoltre, l’autore riteneva nella sua analisi che il knowledge worker avrebbe avuto un valore fondamentale tale da renderlo “un ‘capitale’ delle società più sviluppate” [3].
A distanza di molti decenni da questo lavoro, il ruolo del knowledge worker è stato rivalutato nella contemporaneità secondo un’ottica differente, al punto da portare allo sviluppo di un nuovo concetto: quello del c.d. learning worker. Il nuovo termine, coniato nel 2016 dall’esperto scrittore nonché “futurista” statunitense Jacob Morgan, descrive quel lavoratore in grado di fondare la propria professionalità principalmente sulle capacità di apprendimento e di adattamento anziché sul possesso di determinate capacità.

In questo senso, il recente cambiamento organizzativo del lavoro dovuto all’adozione del c.d. smart working (dettato anche dall’emergenza COVID-19 di questi ultimi anni) ha reso possibile l’abilitazione di nuovi processi di arricchimento professionale, favorendo la nascita di nuove forme di regolazione e di controllo delle attività.
A fronte di un così importante nonché strutturale cambiamento nella cultura del lavoro, che ha portato a riconsiderare il concetto stesso di attività dei lavoratori, nonché la loro capacità di adattamento e flessibilità, diviene necessaria una nuova disciplina da parte del lavoratore, basata sulla creatività, sulla dinamicità e sull’autonomia delle mansioni.


Nuovi Ruoli Professionali

Il rapporto annuale The Future of Jobs Report 2023 pubblicato dal WEF lo scorso 30 aprile indica come la ricerca di lavoro nei prossimi anni verterà principalmente sui settori dell’intelligenza artificiale, della cybersecurity e dei Big Data: stando alle stime, infatti, si osserva e prevede come il 23% dei posti di lavoro potrebbe cambiare nei prossimi cinque anni, con la perdita a livello globale di circa 83 milioni di posti di lavoro in parte compensati dalla creazione di 69 milioni di nuovi posti di lavoro [4].

Dall’avvento delle nuove tecnologie della Quarta Rivoluzione Industriale si sono delineati e sviluppati nuovi ruoli digitali diversi oppure implementati tra loro, come per esempio il Cloud Architect, l’Internet of Things Specialist, il Data Analyst e il Data Scientist, l’AI and Machine Learning Specialist, il Cybersecurity Analyst e il Big Data Specialist.

Tra i vari vettori della crescita occupazionale si distinguono quelli legati alla sostenibilità e allo sviluppo sociale, economico e ambientale (tra tutti, il più emblematico è quello riguardante la c.d. “transizione verde”) nel rispetto dei parametri
Environmental, Social, Governance (ESG)” e dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che compongono l’Agenda 2030 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Proprio su questa direttrice si inquadrano nuove figure professionali quali il Sustainability Manager e l’SDG Action Manager, per i quali viene previsto un tasso di crescita occupazionale stimabile attorno al 33%, con un aumento calcolato di circa un milione di posti di lavoro [5].

Come precedentemente menzionato, poi, l’emergenza COVID-19 non ha solo favorito lo sviluppo dello smart working, ma ha anche sollevato diversi punti di attenzione riguardo i temi dell’isolamento sociale del professionista e della valorizzazione di un ambiente di lavoro più inclusivo e collaborativo.
L’esclusione sociale, inoltre, è direttamente legato al fenomeno della discriminazione e, dal momento che questi fattori possono minare seriamente l’
engagement lavorativo, sono sorte nuove figure professionali per migliorare l’ambiente di lavoro come il Chief Happiness Officer (CHO), il Chief Financial Officer Plus (CFO+) e il Diversity and Inclusion Manager.

Nell’ambito del mondo digitale, l’avvento di modelli di Intelligenza Artificiale generativa come ChatGPT, DALLE-2 e MidJourney hanno permesso una sensibile riduzione dello sforzo creativo per alcune professioni come il Copywriter o il Social Media Manager, ma ha al contempo portato anche l’esigenza di confrontarsi con nuove questioni non considerate fino ad allora (nell’esempio specifico, il tema dei diritti d’autore sulla proprietà intellettuale).
Inoltre, lo sviluppo dei modelli di IA ha evidenziato la necessità di richiedere esperti di contesto (i Prompt Engineer), in grado di saper formulare adeguatamente le richieste da sottoporre alle IA per formulare la migliore risposta possibile in base alle diverse necessità.

In ultimo luogo, anche le aziende stanno evidenziando un forte mutamento nel modo di gestire i clienti e nell’affrontare il cambiamento professionale (Change Management): un’organizzazione agile può infatti adattarsi in modo rapido a nuove tipologie di richieste, adottare con facilità delle nuove tecnologie e ottimizzare i propri processi produttivi e gli strumenti di lavoro adottati. Per affrontare al meglio questi cambiamenti, sono sorti ruoli professionali quali il Business Developer e l’Innovation Manager.
Come diretta conseguenza dei cambiamenti aziendali, la gestione e la fidelizzazione della clientela si muove di pari passo con quella dei colleghi e dei collaboratori professionali.
La creazione di un network in grado di valorizzare le attività di lavoro è in questo senso una richiesta in costante aumento che riguarda non solo figure di stampo manageriale o di vendita, ma anche quelle tecniche e le nuove figure professionali del
Community Manager e del DevEX Engineer sono delineate e formate proprio a tale scopo.


Le nuove sfide del Mercato del Lavoro

Eppure, nonostante i molteplici vantaggi apportati dalla Quarta Rivoluzione Industriale, questo processo di trasformazione comporta anche alcune sfide. La prima riguarda il fenomeno della disoccupazione, che potrebbe aumentare vertiginosamente per via dell’automazione all’interno di alcune catene di approvvigionamento e produzione.
Ci sono inoltre numerose preoccupazioni attorno alla sicurezza dei dati e alla privacy degli utenti.
Nel nostro continente, l’importante intervento formulato dagli organi comunitari europei con il
General Data Protection Regulation (GDPR) del 2016 le Guidelines for Securing the Internet of Things pubblicate quasi tre anni fa dall’European Union Agency for Cybersecurity (ENISA) ha posto importanti fondamenta per la determinazione di una compliance strutturata per il trattamento, la conservazione e il trasferimento dei dati sensibili mediante sistemi informativi ed oggetti intelligenti.

Tuttavia, i recenti casi dello scorso marzo riguardanti il blocco delle attività di ChatGPT da parte del Garante della Privacy italiano [6] e, nello stesso mese, degli accorati appelli da parte di numerosi esperti del settore per una sospensione temporanea dei lavori sull’IA (Elon Musk, Steve Wozniak e Yoshua Bengio tra i primi firmatari di una lettera aperta alla comunità internazionale[7]) mettono in luce l’urgenza impellente nel definire e strutturare un quadro regolamentare chiaro attorno alle potenzialità dell’Intelligenza Artificiale, per evitare che questa sfugga al controllo di chi la gestisce e che possa di conseguenza minare la sicurezza della sicurezza civile.


La situazione in Italia

Nell’ambito di questa panoramica sulla Quarta Rivoluzione Industriale, quale è attualmente la situazione nel nostro Paese?
Per poter rispondere, serve fare una breve premessa sul 2016, anno in cui veniva avviato il Piano Nazionale Industria 4.0 (Impresa 4.0), un grande progetto nazionale con lo scopo ambizioso di incentivare lo sviluppo del paese attraverso il settore delle PMI (piccole e medie imprese), un vero e proprio patrimonio del nostro Paese sul quale si volle puntare incrementando gli investimenti innovativi tramite incentivi e puntuali direttrici, così da poter favorire lo sviluppo di competenze nel tessuto imprenditoriale nostrano.
A distanza di sette anni, tuttavia, si può affermare come lo stato di implementazione del Piano Nazionale Industria 4.0 sia risultato essere carente nello sviluppo omogeneo di nuove tecnologie e competenze professionali nel territorio nazionale, con importanti divari tra le aree del Paese.

Secondo il rapporto stilato lo scorso anno da Unioncamere in collaborazione con l’ANPAL e il Sistema Informativo Excelsior, nelle imprese nel tricolore è richiesto in misura maggiore lo sviluppo di nuove competenze digitali per generare impatto positivo nelle imprese tecnologiche, ma questa richiesta deve confrontarsi con i pessimi numeri in termini di investimenti nella formazione sia a livello accademico che a livello professionale: si osserva infatti come l’Italia sia all’ultimo posto in Europa per lauree nelle discipline ICT (solo l’1,4% a fronte di una media europea stimata attorno al 3,9%) e che soltanto il 15,5% delle aziende investa nella formazione specializzata del proprio personale, a fronte di una media europea del 19,7% e dei valori superiori al 30% del Belgio e dei paesi scandinavi [8].

Ampliando l’analisi a livello comunitario, i numeri del nostro Paese registrati negli ultimi anni in questo ambito sono decisamente poco confortanti: stando a un’analisi presentata nel febbraio 2021 dalla Corte dei Conti dell’Unione Europea (Gli interventi dell’UE per ovviare al problema delle scarse competenze digitali), l’Italia risultava infatti posizionarsi al quint’ultimo posto in Europa, con oltre la metà della popolazione attiva priva di competenze digitali (un dato in leggero aumento rispetto alle stime della precedente rilevazione)[9].
Un dato preoccupante confermato – seppur con alcuni spiragli di speranza – anche da un secondo rapporto comunitario dello scorso anno, quello dell’indice Digital Economy and Society Index (DESI)[10], che misura il tasso di digitalizzazione nel territorio dell’Unione Europea.
Nel rapporto 2022 si è osservato infatti come, nonostante l’Italia stia “guadagnando terreno” e stia “avanzando a ritmi molto sostenuti” per colmare il divario rispetto al resto dei paesi UE attraverso l’attivazione dei propri programmi nazionali, più del 50% dei suoi cittadini non disponga “neppure di competenze digitali di base” [11].

A fronte di uno scenario alquanto cupo, però, va anche detto che l’Italia si sta adoperando per attuare un profondo cambiamento interno di carattere economico nell’ambito del progetto “Italia Domani”, il nome dato al nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che prevede ingenti investimenti e un ampio (nonché coerente) pacchetto di riforme.
Tra queste, sono diverse le riforme previste e dedicate alla transizione digitale del paese, che si andrà a sviluppare su due assi portanti: la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e lo sviluppo di reti ultraveloci. I progetti prevedono lo stanziamento, nell’ordine, di 6,74 miliardi e 6,71 miliardi di euro, risorse che verranno utilizzate allo scopo di portare l’Italia tra i paesi di vertice in Europa entro il 2026.

Da non sottovalutare, infine, l’importante appuntamento internazionale che vedrà l’Italia coinvolta in primo piano a partire dal prossimo anno, quando assumerà la presidenza di turno del
G7.
Sotto questa veste, il governo italiano avrà infatti la possibilità di orientare il dibattito politico sui temi più rilevanti dell’Agenda 2030, oltre che di poter discutere sulle politiche economiche da attuare su larga scala.

(N.d.R: le immagini presenti nell’articolo sono state create dall’IA Midjourney su input testuali dell’autore del presente articolo)


Note e ulteriori riferimenti

[1] Si rimanda al sito del World Economic Forum (www.weforum.org)

[2] Cfr. Peter F. Drucker, The Landmarks of Tomorrow (Harper, New York, 1959), cap. 3, pag. 93

[3] In un saggio pubblicato nel 1999 intitolato Management Challenges for the 21st Century, Drucker avrebbe esplicitato in modo più diretto il riferimento al fattore del “capitale” del knowledge worker: “The most valuable assets of the 20th-century company were its production equipment. The most valuable asset of a 21st-century institution, whether business or non-business, will be its knowledge workers and their productivity.” (cit. ivi, Management Challenges for the 21st Century [1999], cap. 5, pag. 116)
In riferimento al fattore del “capitale” nelle società sviluppate, cfr. ivi, The Landmarks of Tomorrow, cap. 5 pagg.119-120

[4] Si rimanda a World Economic Forum, The Future of Jobs Report 2023 (31/04/2023), cap.3, pag.28, figura 3.1

[5] Ivi, cap.3, pag.33

[6] Il servizio di ChatGPT era stato bloccato in Italia lo scorso 28 marzo da parte di OpenAI in seguito all’intervento del Garante per la Privacy che le aveva contestato la violazione dei termini del GDPR e aveva intimato la regolarizzazione del modello di IA ai sensi della normativa europea entro il 30 aprile.
Lo scorso 28 aprile, dopo aver ottemperato alle richieste del Garante, il servizio è tornato disponibile nel nostro Paese.

[7]
Future of Life Institute, Pause Giant AI Experiments: An Open Letter (22/03/2023)

[8] Cfr. Unioncamere – ANPAL, Sistema Informativo Excelsior, Le Competenze Digitali – Analisi della Domanda di Competenze Digitali nelle Imprese, Indagine 2022 (CC BY 4.0), cap.1, par.3, pag.18, fig.6

[9] Cfr. Analisi n. 02/2021: Gli interventi dell’UE per ovviare al problema delle scarse competenze digitali, Corte dei Conti Europea (23/02/2021), CC BY 4.0 (link: https://www.eca.europa.eu/it/publications?did=58096), pag.15, fig.4

[10] Per la lettura del documento integrale del DESI per l’anno 2022, si rimanda a The Digital Economy and Society Index (DESI), European Commission, CC BY 4.0 (link: https://digital-strategy.ec.europa.eu/en/policies/desi)

[11] Per la lettura della voce tematica italiana del DESI 2022, cfr. Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI) 2022 – Italia, Commissione Europea, CC BY 4.0 (link: https://digital-strategy.ec.europa.eu/en/policies/desi-italy), pag.3

Informazioni sull'autore

Classe 1995, nasce a Roma dove vive e lavora. Laureato in Ingegneria Informatica all’Università “Roma Tre” col massimo dei voti, nel 2020 pubblica un paper scientifico basato sulla sua tesi magistrale e si inserisce nel mondo del lavoro in piena pandemia.

Si specializza presto nel Cloud Computing e attualmente ricopre una posizione aziendale come Cloud Architect.

È appassionato di Videogiochi e prodotti multimediali e si aggiorna continuamente sulle nuove tecnologie, cui Intelligenza Artificiale e Machine Learning, Internet of Things e Realtà Aumentata/Virtuale/Mixata.

È inoltre un assiduo giocatore di GDR cartacei e di LARP.
In questo ambiente scopre una nuova passione legata all’artigianato, la Liquoristica. Nel 2013 inizia il suo percorso di sperimentazione di liquori italiani, per poi passare a Vini Speziati, Zuccherini Alcolici, Birre ed Idromele.
Nel 2018 inoltre ottiene il certificato Haccp che rinnova a cadenza biennale, con l'obiettivo di ottimizzare e garantire la salubrità alimentare delle sue produzioni.

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